Il 28 gennaio Mubarak in un discorso alla TV ha annunciato di sciogliere il governo per nominarne uno nuovo l’indomani. L’esercito piantona le piazze e le strade, accolto con favore dai dimostranti che invece erano ostili alla polizia. L’esercito in Egitto è l’istituzione più stimata, ed è sentito come amico della popolazione, non come parte dell’apparato repressivo.
Potrebbe essere un corso un passaggio gestito di potere da Mubarak ai militari: Mubarak fra pochi giorni potrebbe rassegnare le dimissioni, evitando di essere cacciato con ignominia dal sollevamento popolare, dopo aver messo un governo di militari al timone. Se questo è il disegno, non è detto che riesca: le masse di dimostranti rientreranno a casa, accetteranno il potere dei militari? C’è il rischio che neppure i militari riescano a controllare l’ira dei dimostranti, e che la situazione scappi di mano a tutti. E il pericolo di un colpo di mano dei fondamentalisti islamici è sempre possibile, se i militari non riusciranno a prendere il potere con il consenso degli Egiziani. Entro un paio di giorni dovrebbe essere chiaro se l’intervento dei militari riesca a risolvere la fase acuta della crisi, e a porre le basi per un passaggio guidato al dopo-Mubarak.
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