Il 22 febbraio 2011 l’Eni ha confermato che sono state sospese le esportazioni di gas naturale dalla Libia attraverso il gasdotto Greenstream (vedi mappa a lato) in seguito allo scoppio della rivolta. Anche le esportazioni di petrolio libico – particolarmente apprezzato dall’UE perché a basso contenuto sulfureo - sono state momentaneamente sospese.
L’Italia importa il 25% del petrolio dalla Libia, perciò rischia di essere il primo paese europeo a patire le conseguenze dei disordini libici – anche se il governo ha assicurato di avere a disposizione riserve di petrolio per 90 giorni e di gas per un mese.
Le raffinerie italiane hanno una capacità di 2,3 milioni di barili al giorno – al momento lavorano al ritmo di 1,8 milioni al giorno – e sono attrezzate per raffinare petrolio con livelli di zolfo anche maggiori. La Russia, che ha una riserva di 85 milioni di barili di greggio e 45 milioni di barili di prodotti raffinati, ha subito offerto di venire incontro all’Italia in caso di necessità.
L’Italia inoltre importa il 15% del gas dalla Libia attraverso il Greenstream – 9,5 miliardi di metri cubi l’anno – e non sarà così semplice rimpiazzare le importazioni libiche in brevissimo tempo. Possiamo comunque fare affidamento sui due rigassificatori, che hanno una capacità di 11 miliardi di metri cubi all’anno. Inoltre potremmo aumentare le importazioni attraverso il gasdotto Trans-Mediterraneo proveniente dall’Algeria (vedi mappa) che pur avendo una capacità di 37 miliardi di metri cubi nel 2010 ne ha trasportati soltanto 25 miliardi.
L’Eni ha dichiarato che l’attuale situazione libica non rappresenta (ancora?) un problema per l’economia italiana.
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