I ripetuti lanci di missili da Gaza su Israele della prima decade di aprile 2011 sono il tentativo di Hamas di risvegliare l’interesse del mondo arabo per Gaza, e forzare l’Egitto a rivedere la politica di Mubarak verso Hamas e verso Gaza. Anche l’assassinio della famiglia Fogel a fine marzo nel West Bank rientra in un piano di provocazioni rivolte a Israele, per obbligare il governo israeliano a reagire e scatenare una guerra in cui il mondo arabo, già in rivolta contro i propri dittatori, non poterebbe che schierarsi contro Israele.
Questi ripetuti tentativi di obbligare Israele a reagire agli attacchi e alle provocazioni con una guerra sono sino ad ora andati a vuoto non soltanto perché il governo israeliano mantiene i nervi saldi, ma anche per l’intervento della Turchia e dell’Arabia Saudita, che sia attraverso la Siria sia direttamente tentano di impedire ad Hamas ed Hezbollah di provocare una guerra, che in questo momento aggraverebbe le difficoltà di tutti i governi della regione, soprattutto perché provocherebbe una saldatura ideologica fra l’opposizione islamista e l’opposizione democratica.
L’opposizione democratica in Egitto, in Libia, in Yemen, in Siria, in Tunisia si è ribellata ai dittatori senza mai invocare gli slogan anti-sionisti e l’odio antisionista tradizionale delle piazze arabe: questo ha suscitato meraviglia fra gli osservatori. È la prima volta che succede in 60 anni. Questo ha suscitato in Hamas il timore che il cambiamento di regime in Egitto possa non comportare nessun cambiamento di politica verso Gaza, e che il futuro governo egiziano riconfermi il blocco della frontiera. La partecipazione egiziana al blocco delle frontiere di Gaza è elemento essenziale per contenere ogni possibile espansione dell’influenza di Hamas anche nel West Bank. I tentativi di Hamas di provocare Israele non si possono considerare esauriti: le prossime settimane saranno probabilmente costellate di provocazioni da varie fonti.
I ripetuti lanci di missili da Gaza su Israele della prima decade di aprile 2011 sono il tentativo di Hamas di risvegliare l’interesse del mondo arabo per Gaza, e forzare l’Egitto a rivedere la politica di Mubarak verso Hamas e verso Gaza. Anche l’assassinio della famiglia Fogel a fine marzo nel West Bank rientra in un piano di provocazioni rivolte a Israele, per obbligare il governo israeliano a reagire e scatenare una guerra in cui il mondo arabo, già in rivolta contro i propri dittatori, non poterebbe che schierarsi contro Israele.
Questi ripetuti tentativi di obbligare Israele a reagire agli attacchi e alle provocazioni con una guerra sono sino ad ora andati a vuoto non soltanto perché il governo israeliano mantiene i nervi saldi, ma anche per l’intervento della Turchia e dell’Arabia Saudita, che sia attraverso la Siria sia direttamente tentano di impedire ad Hamas ed Hezbollah di provocare una guerra, che in questo momento aggraverebbe le difficoltà di tutti i governi della regione, soprattutto perché provocherebbe una saldatura ideologica fra l’opposizione islamista e l’opposizione democratica.
L’opposizione democratica in Egitto, in Libia, in Yemen, in Siria, in Tunisia si è ribellata ai dittatori senza mai invocare gli slogan anti-sionisti e l’odio antisionista tradizionale delle piazze arabe: questo ha suscitato meraviglia fra gli osservatori. È la prima volta che succede in 60 anni. Questo ha suscitato in Hamas il timore che il cambiamento di regime in Egitto possa non comportare nessun cambiamento di politica verso Gaza, e che il futuro governo egiziano riconfermi il blocco della frontiera. La partecipazione egiziana al blocco delle frontiere di Gaza è elemento essenziale per contenere ogni possibile espansione dell’influenza di Hamas anche nel West Bank. I tentativi di Hamas di provocare Israele non si possono considerare esauriti: le prossime settimane saranno probabilmente costellate di provocazioni da varie fonti.
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