Di Abbas Milani, 29 aprile 2011.
Mentre tutti i popoli del Medio Oriente chiedono un futuro democratico, in Iran le varie fazioni del regime hanno ripreso a discutere delle virtù dell’antico re persiano Ciro il Grande. Nessuna delle fazioni ha portato alla luce nuove evidenze storiche, eppure la discussione non va sottovalutata, perché in Iran il dibattito storico ha un significato particolare. Oggi la Repubblica Islamica si domanda nuovamente quale peso dare al periodo pre-islamico. E la risposta che ha dato recentemente il presidente Mahmoud Ahmadinejad potrebbe causare il crollo del regime.
Di per sé questo dibattito non è una novità: per decenni – se non secoli – studiosi e politici iraniani si sono interrogati sulla vera identità dell’Iran e sul ruolo della religione nella cultura nazionale. L’identità iraniana è doppia: la tradizione del manicheismo e dello zoroastrismo dell’epoca pre-islamica convive con l’elemento islamico introdotto in Iran 1300 anni fa.
Non c’è mai stato vero consenso sull’argomento: anche nei primi secoli dopo l’avvento dell’Islam, […] vi fu sempre una forte tensione fra Arabi e Persiani: questi ultimi di solito definivano i primi come ‘analfabeti ignoranti’ (Ajam). Gli Arabi – e anche alcuni Iraniani –si sono spesso domandati se lo Sciismo – che oggi è la religione dominante in Iran – sia davvero un ramo legittimo dell’Islam, o se non sia espressione del nazionalismo iraniano sotto altra veste. Molti studiosi sottolineano come alcuni concetti sciiti – ad esempio l’idea del Messia (il Mahdi) e il millenarismo – riprendano i concetti pre-islamici del Manicheismo e del Zoroastrismo. In Iran queste due realtà sono state a più riprese causa di tensioni interne. Gli Scià della dinastia Pahlavi hanno cercato di ridimensionare il peso dell’Islam accentuando il valore della grande civiltà persiana pre-islamica. Nel 1976 Mohammed Reza spese centinaia di milioni di dollari per celebrare i 2500 anni della monarchia persiana in una città-tenda che fece erigere appositamente fuori Persepoli, la capitale dell’antica Persia. Per l’occasione sostituì anche al calendario in uso quello di Ciro (ma per soli due anni), il re che nell’antico testamento mise fine alla cattività babilonese degli Ebrei.
Quando il regime islamico prese il potere nel 1979, cercò di cancellare il passato pre-islamico ed enfatizzare esclusivamente l’aspetto islamico. Chiaramente questo ebbe un impatto notevole in un paese dove la popolazione tuttora parla di ‘invasione araba’ per eventi che risalgono a oltre un millennio fa e continua a utilizzare con orgoglio la lingua persiana, sopravvissuta all’imperialismo arabo. L’ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica, si scagliò in particolar modo contro le festività pre-islamiche – ad esempio deridendo il Nowruz, il capodanno persiano che si celebra il primo giorno di primavera, tacciandolo di ‘paganesimo’.
Ma gli Iraniani hanno reagito alla ‘rivoluzione culturale’ del regime dimostrando un attaccamento ancora più convinto alle festività pre-islamiche e schierandosi a favore di una purificazione del linguaggio iraniano dagli influssi arabi. Anche durante gli anni della presidenza Khatami (predecessore di Ahmadinejad) uno studioso ha pubblicato un trattato in cinque volumi in cui affermava che gli Iraniani si sono opposti per i primi due secoli di dominazione araba alla penetrazione dell’Islam, contraddicendo così la versione del regime secondo cui gli Iraniani abbracciarono immediatamente l’Islam […].
Recentemente Ahmadinejad e il suo consigliere più fidato, Esfandiar Mashaei, hanno introdotto il concetto di ‘Islam Iraniano’, facendo del nazionalismo una colonna portante della politica governativa e rievocando in più occasioni la grandezza pre-islamica dell’Iran. Invece di ignorare Nowruz, quest’anno Ahmadinejad ha invitato 20 capi di stato a Persepoli – città che subito dopo la rivoluzione rischiò addirittura di essere spianata al suolo per iniziativa di un giudice estremista, Sadegh Khalkhali. Allora il peggio venne evitato solo perché la popolazione locale si schierò contro questa iniziativa nefasta. Nonostante le critiche provenienti dai settori più conservatori, Ahmadinejad ha deciso organizzare un incontro presso la capitale storica respingendo sia le minacce sia i consigli dei conservatori, che hanno interpretato l’iniziativa presidenziale come un gesto di sfida alle autorità religiose.L’ayatollah Khamenei ha rifiutato di incontrare gli ospiti di stato durante il Nowruz, e ha addirittura lasciato la capitale. Inoltre Ahmadinejad e Mashaei hanno fatto in modo di far rientrare in patria il Cilindro di Ciro (che era al British Museum di Londra), un piccolo cilindro d’argilla che presenta un’iscrizione che è forse la prima dichiarazione dei diritti umani nella storia. Ahmadinejad in più occasioni ha elogiato la figura di Ciro, specialmente quando il cilindro è rientrato in Iran.
Le mosse del presidente iraniano hanno irritato il clero più conservatore: in ogni paese normale l’elogio degli antichi fasti sarebbe ben accetto, ma nella Repubblica Islamica è invece considerato un’eresia. Nei primi giorni della rivoluzione del 1979 i leader religiosi, e in particolare l’infame Khalkhali (fedele discepolo di Khomeini, che lo nominò a capo delle corti rivoluzionarie), accusarono Ciro di essere ‘ebreo’ e ‘sodomita’. A molti è invisa l’iniziativa di Ahmadinejad, che ha speso milioni per riportare in patria l’antico reperto. Nonostante ciò Mashaei ha continuato a elogiare Ciro, il nazionalismo iraniano e l’Islam Iraniano.
Quella che sembrava una causa minore si sta ora trasformando in un affare di stato e nella maggior sfida all’establishment religioso dopo le manifestazioni del 2009. La nuova spaccatura in seno al regime diventa più grave, mentre anche i leader del Movimento Verde sono all’opposizione e non mostrano segni di cedimento. Lo stesso Ali Hashemi Rafsanjani ha rifiutato di schierarsi con Khamenei. Il regime deve anche affrontare seri problemi economici.
Si moltiplicano le voci del possibile impeachment del presidente Ahmadinejad; Akbar Ganji, noto dissidente iraniano, ha dichiarato che il gruppo vicino ad Ahmadinejad avrebbe iniziato a collaborare con l’UE fornendo una lista di funzionari complici di terribili violazioni dei diritti umani – ovviamente includendo soltanto gli alleati del leader supremo Khamenei e omettendo i propri ‘amici’ . Ganji ha inoltre aggiunto che probabilmente Ahmadinejad ha inviato una delegazione in Europa e in America per condurre negoziati segreti. Altre fonti interne sostengono che il team presidenziale abbia cercato di rubare documenti dal Ministero dell’Intelligence per ricattare gli avversari politici.
La crisi è emersa chiaramente dieci giorni fa, quando Ahmadinejad ha licenziato il ministro dell’intelligence – il secondo ministro religioso licenziato in meno di due anni – e il Leader Supremo si è opposto duramente. Una settimana prima Ahmadinejad aveva licenziato il ministro degli esteri – vicino al leader supremo. Khamenei questa volta invece di risolvere la disputa a porte chiuse, come in passato, ha deciso di scrivere una lettera […] al ministro destituito per riconfermargli il posto – anche se secondo la costituzione non ha il potere di nominare unilateralmente un ministro. […] Da allora Ahmadinejad ha disertato le riunioni di governo, pur non avendo rilasciato dichiarazione alcuna.
Due sono le soluzioni possibili:1) Ahmadinejad cede alle pressioni ritirando il licenziamento – e perdendo la faccia ;
2) Ahmadinejad rassegna le dimissioni e apre una crisi di governo – in un momento in cui il regime non può proprio permetterselo.
Ovviamente se Ahmadinejad cedesse sarebbe immediatamente attaccato dai nemici, il che porterebbe ulteriore instabilità.
Qual è il gioco di Ahmadinejad? A che cosa è dovuto questo slancio di patriottismo? E che cosa si cela dietro alla lotta sul Ministero dell’Intelligence? Alcune di queste mosse sembrano orientate a prendere le distanze dall’establishment clericale in vista delle prossime elezioni. Ahmadinejad sa che il prestigio del clero è compromesso in Iran e potrebbe sfidarlo apertamente o almeno prendere le distanze per aumentare la propria popolarità. In quest’ottica la decisione di licenziare il ministro dell’intelligence sarebbe soltanto l’esito di un confronto portato fino al punto di rottura.
Non è chiaro come Khamenei e i suoi alleati (le Guardie della Rivoluzione) raccoglieranno la sfida. Per ora hanno dato un giro di vite aumentando la repressione. Ma considerati i venti di rivolta in Medio Oriente e le difficili condizioni economiche – la banca centrale iraniana ha appena annunciato che l’inflazione sui generi alimentari è del 25% e la disoccupazione reale intorno al 30% (anche se un importante membro del parlamento ha dichiarato che si tratta di cifre ritoccate, e che i dati reali sono più preoccupanti) – il leader supremo Khamenei potrebbe provare a sacrificare Ahmadinejad accusandolo dei problemi finanziari del paese. Ma come reagirà Ahmadinejad in questo caso? Se ne andrà senza colpo ferire oppure darà battaglia?
Traduzione: Davide Meinero
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