Nella notte del 14 maggio 2011 trenta lavoratori guatemaltechi sono stati brutalmente assassinati nel dipartimento di Peten, nel nord del Guatemala, probabilmente da membri del cartello messicano Los Zetas, che controlla le tre regioni limitrofe – Campeche, Tabasco e Chiapas.
Una guerra su due frontiI Los Zetas si muovono pressoché indisturbati sul 75% del territorio guatemalteco – all’interno e a est. L’attacco è probabilmente un avvertimento a Salguero – proprietario della fattoria in cui è avvenuto il massacro – che recentemente si è avvicinato a un’organizzazione criminale locale (i Los Leones), vicina al cartello del Golfo.
I Los Zetas e il cartello del Golfo si contendono con le armi il controllo del Messico nordorientale: trovandosi in difficoltà, il cartello del Golfo si è unito al cartello di Sinaloa (una volta nemico) dando vita a una nuova entità dal nome ‘Nuova Federazione’; i Los Zetas, superiori sul piano militare e strategico, con l’aiuto del Cartel Pacifico del Sure conducono frequenti attacchi contro il cartello Sinaloa anche in altre parti del Messico. Il recente massacro suggerisce che i Los Zetas abbiano alzato il tiro attaccando i nemici del Golfo in Guatemala, per costringerli a ritirarsi dal Messico nordorientale.
La reazione del governo del Guatemala
Il dipartimento di Peten è sempre sfuggito al controllo del governo: durante la guerra civile (1960-1996) nelle sue giungle si nascondevano i ribelli – che avevano creato numerosi campi di addestramento – e numerosi rifugiati. Il presidente Alvaro Colom sta aumentando la presenza militare nella regione e nella Franja Trasversal de Norte; la popolazione però è restia ad appoggiare i soldati, perché memore delle atrocità commesse dall’esercito durante la lunghissima guerra civile. Secondo fonti ufficiose l’esercito dichiarerà lo stato di assedio e agirà con decisione contro i criminali dei cartelli.
A cura di Davide Meinero
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