Negli anni scorsi i bassi tassi di interesse sui mutui in franchi svizzeri hanno spinto i consumatori dei paesi dell’Est – Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca – a contrarre prestiti in questa valuta: attualmente il 53% dei mutui polacchi e il 60% dei mutui ungheresi sono in franchi svizzeri.
Prima del 2008 la valuta locale – lo zloty in Polonia e il forint in Ungheria – erano forti rispetto al franco svizzero: un franco costava 160 forint contro gli attuali 224 (40% in più) e 2,1 zloty contro gli attuali 3,3 (50% in più). Il crollo delle valute dell’Est Europa crea gravi difficoltà ai debitori, che per pagare i debiti debbono ridurre i consumi, riducendo il tasso di crescita dei loro paesi – specialmente in Polonia, la cui crescita economica è particolarmente legata ai consumi.
Il 10 giugno il parlamento ungherese ha approvato un pacchetto legislativo che fissa il valore del franco a 180 forint per i mutui contratti prima della crisi. Budapest sta pensando a un programma di acquisto delle case dei falliti, che permetta agli ex-proprietari di a viverci dentro come affittuari. La Polonia per ora ha preferito non intervenire ma si è dichiarata pronta a farlo in caso di necessità.
La stessa Svizzera ha interesse a svalutare il franco per la competitività delle sue esportazioni: il governo può mitigare l’aumento del franco acquistando valuta straniera, specialmente euro, e far scendere la domanda di franchi. C’è però il rischio che un qualsiasi shock economico in Europa – default greco, problemi bancari in Grecia, o crisi politiche in Italia e Spagna – spinga ancora il franco al rialzo. In tal caso i governi di Ungheria, Polonia e Svizzera non riuscirebbero a intervenire per evitare fallimenti in massa. Le banche austriache, leader nei prestiti in franchi svizzeri ai paesi dell’est, sono le più esposte e in caso di default potrebbero avere a loro volta bisogno dell’intervento dello stato (vedi grafico).
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