Gli Stati Uniti stanno per effettuare il ritiro totale delle truppe dall’Iraq e l’Iran è pronto a modificare gli equilibri regionali a proprio vantaggio. Teheran ha l’opportunità di raggiungere l’obbiettivo perseguito dai Persiani nella storia: creare un polo militare, religioso e politico sciita nell’area fra Mesopotamia, Arabia Saudita e Levante, a spese dei Sunniti che dominano la regione dal XVI secolo, cioè da quando i Turchi Ottomani sconfissero l’Impero Safavide respingendolo sulle montagne dell’Iran.
I’Iran è un paese ricco di risorse naturali – gas e petrolio – ma è montuoso e densamente popolato; inoltre negli ultimi anni ha dovuto dedicare crescenti risorse a contenere e rabbonire i dissidenti interni e le minoranze etniche, che rappresentano oltre il 50% della popolazione (molto numerosi i Baluci). Il controllo sul vicino Iraq non soltanto garantirebbe all’Iran la sicurezza dei confini occidentali, ma gli darebbe anche accesso alle risorse della pianura mesopotamica, ricca di acqua e di petrolio.
È paradossale che siano stati i principali nemici del regime iraniano – i Sunniti Wahabiti responsabili dell’attentato dell’11 settembre e gli USA che hanno eliminato Saddam Hussein dalla scena mediorientale – a rendere possibile l’attuale scenario, che è quanto di meglio gli Iraniani potessero sperare.
A sentirsi ora in prima linea sono i Sauditi. L’Arabia Saudita non può evitare che l’Iraq finisca in mano iraniana, e teme di finire col diventare uno stato vassallo dell’Iran. Quando sono esplose le proteste in Bahrein, Riyadh ha immediatamente fiutato il pericolo di un’insurrezione sciita sobillata dal regime iraniano – che avrebbe potuto sconfinare nella regione saudita oltre il confine – e ha inviato le proprie truppe per sedare la rivolta. Riyadh sa di non poter più contare in modo assoluto sulla protezione degli Stati Uniti, teme l’Iran ma sa di non poter sostenere un conflitto: dovrà scendere a patti – però non prima di aver represso le attività degli Sciiti nel Consiglio di Cooperazione del Golfo. A quanto pare il Pakistan, che intrattiene buoni rapporti sia con i Sauditi che con gli Iraniani, è pronto a farsi avanti per mediare fra i due ‘rivali regionali’.
Gli equilibri regionali in medio Oriente dipendono in larga parte dalle scelte e degli obbiettivi degli USA. Gli obbiettivi degli USA nella regione al momento sono:
1) ridurre drasticamente il proprio coinvolgimento militare, tanto più che ora occorre affrontare una dura crisi economica;
2) garantire però che il petrolio della regione continui ad essere liberamente esportato in occidente e nel mondo attraverso lo stretto di Hormuz. A questo scopoè necessario ricostruire un equilibrio di potere nella regione che non permetta a una sola potenza di monopolizzare il petrolio. Oggi questo significa evitare che l’Iran metta le mani sui pozzi petroliferi sauditi o blocchi lo stretto di Hormuz.
Gli USA devono perciò mantenere una presenza militare nella regione sufficiente a tenere a bada il regime iraniano. Teheran probabilmente tenterà di espandersi nella regione ai danni dell’Arabia Saudita appena le truppe americane avranno lasciato l’Iraq. Gli USA dovranno avere nella regione una presenza militare capace di dissuadere Teheran dall’ardire troppo.
Un’altra potenza regionale sta emergendo: la Turchia, che ha dominato la regione fino al 1918. Ankara intesse da tempo rapporti economici, politici e culturali con Iraq e Siria, dove tenta di costruirsi l’ immagine di potenza di riferimento per i Sunniti. Questo la porterà ad un braccio di ferro con l’Iran. In Siria ad esempio la Turchia ha sicuramente interesse a costruire un’alternativa sunnita che prima o poi sostituisca il regime alawita, mentre al contrario l’Iran fa di tutto per mantenere lo status quo.
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