Il piano di privatizzazione annunciato dai vertici russi per attrarre investimenti e tecnologia dall’estero ha destato tanto interesse negli USA e in Europa Occidentale – Germania in primis – da indurre il governo russo ad ampliarne la portata. Mosca intende convogliare gli investimenti esteri nei settori strategici dell’economia, senza però perdere il controllo dei settori chiave per la sicurezza nazionale.
Nel decennio precedente il governo russo aveva estromesso i privati dando vita a enormi colossi statali nei settori strategici, in modo da averne il pieno controllo. I grandi monopoli statali finirono nelle mani di ex agenti del KGB o degli attuali servizi segreti, più interessati alla sicurezza che all’efficienza economia. Ma con la crisi del 2008 questo modello ha iniziato a mostrare troppi punti deboli. Ora il Cremlino vuole riorganizzare i settori strategici per garantirne lo sviluppo futuro. La strategia del Cremlino si articola in due passi:
1) modernizzazione dei settori strategici – energia, industria aerospaziale, informatica, esercito, telecomunicazioni, trasporti e nanotecnologie;
2) privatizzazione parziale – o totale – delle aziende statali, anche nei settori strategici.
1) Energia: la maggior parte delle aziende energetiche estere che avevano dovuto lasciare la Russia negli anni scorsi si preparano a rientrarci, ben consapevoli che si tratta di un’opportunità da non perdere. Il Cremlino è interessato a molti progetti – impianti per liquefare il gas naturale (GNL), esplorazione dei giacimenti nella Siberia orientale, che richiedono tecnologia avanzata e ingenti investimenti. Sono numerose le aziende interessate: la francese Total, le americane Chevron e ExxonMobil, la British BP e l’azienda anglo-olandese Royal Dutch/Shell. Mosca sta anche ristrutturando le sue fatiscenti linee elettriche con l’aiuto della tedesca RWE.
2) Informatica: il settore informatico russo è in ritardo di dieci anni rispetto a quello occidentale. Il Cremlino vorrebbe creare un polo informatico simile alla Silicon Valley. Dopo la visita di Medvedev alla Silicon Valley del 2010, molte aziende come Cisco, Microsoft, Google, Facebook e Twitter hanno iniziato a investire in questo nuovo polo che si chiamerà Skolkovo.
3) Industria aerospaziale: la Russia ha assunto gli ex impiegati dell’industria aerospaziale statunitense licenziati di recente, e offre incentivi per riportare in Russia i tecnici espatriati nei primi anni ’90.
4) Esercito: la Russia inizia ad acquistare armamenti dall’estero, ad esempio aerei senza pilota (droni) da Israele ed elicotteri Mistral dalla Francia.
5) Telecomunicazioni: il settore delle telecomunicazioni deve essere ammodernato e ampliato. La privatizzazione permetterà di modernizzare gli impianti: in prima linea ci sono le aziende norvegesi e finlandesi.
6) Trasporti: occorrono ingenti investimenti per la creazione di vie di comunicazione fra le regioni strategiche dell’interno, per ampliare i collegamenti con l’estero e per dare nuova linfa al settore navale e portuale. La Finlandia si occuperà dell’ammodernamento della tratta Mosca-Helsinki, la Corea del Sud si è impegnata a trasferire alla Russia la tecnologia delle imbarcazioni rompighiaccio.
7) Nanotecnologia: il Cremlino non ha ancora adottato una strategia precisa, ma ha stanziato $11 miliardi da spendere entro il 2015. La Russia collabora con aziende statunitensi, tedesche e finlandesi in vista dell’apertura di un International Innovative Nanotechnology Center proprio fuori Mosca.
Mosca ha inoltre intenzione di privatizzare circa 5000 aziende di scarso valore strategico: porti, stabilimenti industriali e piccole banche nazionalizzate durante la crisi.
In un secondo tempo verranno vendute quote di minoranza di 10 grandi aziende strategiche a investitori in linea con le direttive del Cremlino. Si tratta della parte più delicata del piano, grazie a cui le aziende straniere potranno avere accesso a colossi come Rosneft (petrolio), Sberbank e VTB (settore bancario), e Russian Technologies (difesa). Chiaramente il Cremlino monitorerà con attenzione le privatizzazioni per non perdere il controllo dei settori strategici mettendo a repentaglio la sicurezza nazionale.
Il terzo obiettivo è aumentare le entrate dello stato, dato che la crisi finanziaria ha messo a dura prova l’economia russa – l’anno scorso il deficit previsionale era di $101 miliardi, ma a consuntivo è stato quasi tutto ripianato grazie al surplus di $130 milioni sul prezzo di vendita del petrolio, passato nell’arco di breve tempo da 80 a $100 al barile. Nelle stime del Cremlino le privatizzazioni dovrebbero fruttare allo stato circa $202 milioni.
Per attrarre l’interesse di investitori esteri i vertici russi hanno cercato di mostrarsi più rispettosi dei diritti degli investitori. Ad esempio hanno iniziato a rimuovere i membri del governo dai consigli di amministrazione delle aziende strategiche, rimpiazzandoli però con nuovi quadri fedeli al Cremlino, anche se non vengono dalla politica.
Grazie alla campagna di privatizzazione Mosca aumenterà la collaborazione con i paesi europei e asiatici tenendosi però alla larga dai paesi ‘ostili’ come Svezia e Giappone, con cui non intrattiene buone relazioni.
La Germania è forse il paese più coinvolto nella campagna di privatizzazione, anche perché fortemente dipendente dal gas russo. La Francia è molto interessata a investire in Russia, specialmente nel settore energetico, nei trasporti e nel settore militare – ad esempio aiuta la Russia a sviluppare gli impianti di GNL e i giacimenti della penisola di Yamal. Oltre all’interesse economico la Francia ha interesse a bilanciare l’asse Mosca-Berlino per paura di essere messa da parte.
I rapporti fra Russia e USA sono complicati sul piano economico e politico. Gli USA non avevano mostrato interesse a partecipare all’ambizioso piano di privatizzazioni e modernizzazione russo. Il Cremlino però sa di aver bisogno della collaborazione statunitense per avere accesso alla tecnologia più avanzata in ambiti specifici, ad esempio nell’informatica, e perciò ha cercato di allettare Washington offrendo aiuti per gestire la guerra in Afghanistan.
La Corea del Sud è stata la prima a stringere accordi, con particolare attenzione ai progetti energetici, specialmente quelli legati all’ampliamento dei giacimenti di Yamal.
La Finlandia ha come sempre un atteggiamento cooperativo col vicino russo, con cui ha già molti accordi economici, ad esempio nel settore del legname.
Pechino ha firmato accordi per centinaia di miliardi di dollari nel settore dell’energia, in particolare per la costruzione di una nuova conduttura fra Cina e Russia. Mosca ha iniziato quest’anno a considerare la Cina come investitore da corteggiare, perché Pechino ha abbastanza risorse per investire nel disastrato settore bancario russo (in primis la Sberbank).
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