Il 9 agosto 2011 durante un’intervista all’agenzia semi-ufficiale iraniana Mehr il comandante della forze armate Hassan Firouz Abadi ha accusato le autorità azere di maltrattare gli sciiti e di permettere ai ‘sionisti’ di muoversi indisturbati in territorio azero. Poi ha aggiunto: “se questa politica continuerà, il paese sarà travolto dal buio e non sarà possibile evitare la rivolta del popolo di Aran (gli Azeri, appunto), che ha sangue iraniano nelle vene ed è pieno di amore per il Corano e l’Islam.” La minaccia del comandante iraniano, che fa parte della cerchia politica di Ahmadinejad, ha comprensibilmente attirato l’attenzione della leadership azera. Baku ha prontamente replicato al governo iraniano: l’11 agosto il ministro degli esteri Elzan Poluzov ha dichiarato che gli Azeri sono soliti attenersi al principio di non interferenza negli affari esteri degli stati indipendenti, e che non permettono a nessuno di interferire in quelli di casa propria. Inoltre ha aggiunto: “è sorprendente che un militare faccia dichiarazioni politiche. Sarebbe meglio che i militari si attenessero al loro lavoro, proprio come i politici sono impegnati a fare il loro.” Anche altri politici hanno replicato con veemenza alle minacce iraniane.
Il 12 agosto il portavoce del parlamento iraniano Ali Larijani ha commentato: “Alcuni funzionari dovrebbero evitare di rovinare le relazioni fra l’Iran e i paesi vicini esprimendo il loro punto di vista senza senso”. La reazione di Larijani è un ulteriore segnale dello scontro di potere fra l’establishment clericale e lo staff presidenziale, che ha permesso all’esercito di farsi avanti ed estendere il proprio ruolo. Ora le guardie della rivoluzione iraniane oltre a dover gestire la lotta fra Ahmadinejad e il clero devono anche tenere testa ai vertici militari dell’Artesh (l’esercito).
Difficili rapporti di vicinatoSituato nel bel mezzo di tre grandi attori regionali – Iran, Turchia e Russia – l’Azerbaigian deve necessariamente trovare una forma di accomodamento con ciascuno dei tre.
L’85% della popolazione azera è sciita, perciò influenzabile dall’Iran attraverso la religione; tuttavia la campagna di russificazione lanciata all’inizio del XIX secolo ha trasformato l’Azerbaigian in uno stato laico, e anche l’attuale presidente Ilham Aliyev difende la laicità dello stato nonostante l’influenza esercitata dall’Iran e dal governo islamista di Erdogan in Turchia.
Di tanto in tanto l’Iran condanna il regime di Aliyev perché “ha voltato le spalle al’Islam e ai credenti sciiti dell’Azerbaigian”. La minoranza più conservatrice si trova proprio al sud, al confine con l’Iran, e Teheran ha sempre sostenuto attivamente gli oppositori religiosi di Aliyev.
Theran teme che l’Azerbaigian possa fomentare la minoranza azera del nord dell’Iran, che è circa il 25% della popolazione, perciò appoggiato l’Armenia, acerrimo nemico dell’Azerbaigian, pur di tenere Baku occupata con il problema del Nagorno-Karabakh . Ci sono anche dispute territoriali fra Azerbaigian e Iran sui giacimenti di gas e petrolio del mar Caspio.
La collaborazione con IsraeleIsolato nella regione, il governo azero ha sviluppato rapporti strategici con Gerusalemme. Israele è il quarto partner commerciale dell’Azerbaigian per il petrolio, e negli ultimi anni i due paesi hanno sviluppato una collaborazione nel campo della sicurezza e intelligence.
Israele considera l’Azerbaigian un alleato strategico nel contenimento dell’Iran: la collaborazione fra i due finora è stata fondamentale per rallentare l’avanzamento del programma nucleare iraniano. Teheran teme anche che un giorno Israele possa usare basi in Azerbaigian per bombardare il paese.
Israele ha fornito assistenza ed equipaggiamenti militari alle forze di sicurezza azere. Con l’ingente reddito del petrolio l’Azerbaigian finanzia un programma di espansione militare e prevede di aumentare il budget per la difesa a $3 miliardi – contro i $380 milioni dell’Armenia. Baku è tuttora fortemente dipendente da Russia, Bielorussia e Kazakistan per la maggior parte dei rifornimenti militari; ma il presidente Aliyev vuole diversificare i fornitori rivolgendosi principalmente ai paesi della NATO e a Israele per modernizzare l’esercito.
L’Azerbaigian non riceve armamenti dagli Stati Uniti per l’embargo in vigore dal 1992 ottenuto dalla lobby armena al Congresso. Israele è dunque un importante tramite per l’accesso alla tecnologia e alle conoscenze occidentali in campo bellico. Recentemente si è parlato del trasferimento di tecnologia dei droni (aerei senza pilota) da Israele all’Azerbaigian.
L’Iran non ha una politica chiara in questo caso: minaccia ritorsioni, ma non vuole neppure mettere troppa paura al vicino, che potrebbe decidere di schierarsi totalmente con l’Occidente e con Israele se si sentisse davvero minacciato, trovando anche il modo di porre fine alla sua rivalità con l’Armenia.
Anche il Cremlino tiene d’occhio i rapporti fra Baku e Gerusalemme: Mosca non vuole che l’Azerbaigian si avvicini troppo all’Occidente. La Russia ha tuttavia relazioni complesse con Israele, con l’Iran e con l’Occidente, che la portano non a schierarsi, ma a giocare opportunisticamente su tutti i tavoli. Iran e Russia sono rivali naturali, ma Teheran ha sempre bisogno di Mosca per tenere fuori gli USA dalla regione; la Russia si serve invece dei suoi rapporti con l’Iran come arma di contrattazione con gli Usa.
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