Il 13 settembre 2011 il primo ministro ad interim belga, Yves Leterme, ha annunciato la propria candidatura alla direzione dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, e l’abbandono dell'incarico politico in patria.
Subito dopo l’annuncio il re belga ha affrettato il suo rientro dalla Francia per riunire i leader degli otto principali partiti in parlamento e formare finalmente un governo – dopo oltre un anno. La crisi politica belga rischia di peggiorare ulteriormente la crisi dell’Eurozona.
Il Belgio non è stato costruito su basi territoriali o su un'identità nazionale, non è il frutto di una decisione dei Belgi. Fu creato come stato cuscinetto da Paesi Bassi, Francia, Germania e Regno Unito per evitare l’insorgere di nuovi conflitti fra di loro.
I fiamminghi vivono nella parte nord del paese, i valloni in quella sud; le rappresentanze dei due popoli interagiscono limitatamente nella gestione politica (nella capitale Bruxelles), ma la grande maggioranza di fiamminghi e valloni preferisce evitare qualsiasi tipo di interazione. Il Belgio è uno stato da 140 anni, eppure fiamminghi e valloni non sono riusciti a sviluppare un'unica identità nazionale e spesso le elezioni danno origine a bizzarre coalizioni – non a caso il paese è privo di governo da oltre un anno.
Gli Stati limitrofi temono un’eventuale scissione, ma non possono fare nulla per contrastare le forze interne che vorrebbero dividere il Belgio. L’attuale crisi economica rischia di alimentare ulteriormente le divisioni: finché l'economia belga ha continuato a crescere il paese ha goduto di tassi d'interesse relativamente bassi per finanziare l’alto debito pubblico – circa 360 miliardi di euro, il 90% del PIL. Una crisi politica potrebbe però scatenare il panico e la speculazione anche sui titoli di stato belgi. Una crisi di fiducia estesa ad altri paesi dell’Euro, oltre a quelli già in crisi, diventerebbe quasi impossibile da gestire e l’unione monetaria non reggerebbe a tanto peso.
Ma il paese che affonderà o salverà l’Euro rimane proprio la nostra Italia, perché il volume del nostro debito pubblico è troppo grande in termini assoluti per poter essere sostenuto da fondi di salvataggio europei. Se non torna la fiducia nella solidità finanziaria dello stato italiano a medio termine, nessuna cordata può salvare l’Euro.
In retrospettiva ci rendiamo tutti conto che la creazione dell’Euro è avvenuta su basi ideologiche, senza basi politiche ed economiche sostenibili. La corsa in avanti, che allora parve coraggiosa (mettiamo il carro davanti ai buoi, poi i buoi dovranno seguire il carro per forza), rischia invece di affossare l’intera costruzione europea.
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