Cinque grandi vertici europei hanno fondamentalmente peggiorato la crisi: se a settembre pareva certo che il Fondo di Stabilità (EFSF) avrebbe avuto 440 miliardi di euro in contanti e la garanzia totale dei debiti degli stati dell’eurozona da parte dell’insieme di tutti gli stati, ora non è certo che lo EFSF avrà davvero i 440 miliardi, e la garanzia massima che gli stati dell’Eurozona potrebbero offrire collettivamente coprirebbe al massimo il 25% della somma dei loro debiti.
Le strutture europee sono state create per affrontare la Guerra Fredda, sono state una necessità del dopoguerra e sono state garantite dalla NATO e dagli USA, militarmente e politicamente. Finita la guerra fredda, noi Europei non abbiamo fatto nulla per tenere insieme concretamente l’Europa: buone parole, buone intenzioni, accordi al vertice che i governi nazionali dei singoli stati – che rispondono soltanto al proprio elettorato nazionale – non sono in grado di imporre ai propri cittadini, dunque non sono in grado di rispettare.
Non è che il nazionalismo stia tornando in Europa: c’è già. C’è sempre stato. L’integrazione culturale fra le popolazioni e l’integrazione politica - cioè di governo - non è mai avvenuta: si sperava sarebbero avvenute lentamente entrambe, per forza di cose. Invece la Germania unita e la fine della guerra fredda ci hanno messo di fronte alla nostra realtà geopolitica di sempre, sostanzialmente immutata rispetto alla prima metà del ‘900.
Il tempo a disposizione per fare un grande passo verso l’unione politica è ormai molto poco: la crisi dei debiti sovrani e il modo in cui la si affronta e la si risolve – o la si lascia produrre le più nefaste conseguenze - può portare al disfacimento delle strutture dell’Unione Europea, non soltanto dell’eurozona, nell’arco di qualche manciata di mesi, forse di un paio di anni. È ora che incominciamo a immaginare che cosa può succedere dopo, per prepararci.
Le elite politiche e amministrative dell’ Europa occidentale formatesi durante la guerra fredda non sono state capaci di gestire l’unificazione europea dopo il crollo dell’Unione Sovietica, senza più esservi ‘costrette’ dagli Stati Uniti. E ora sono incapaci di capire e di gestire la crisi in cui è precipitata l’Europa. Verranno spazzate tutte via rapidamente alle prossime elezioni, ovviamente. Ma che cosa verrà dopo? È ora che ci pensiamo, che ci prepariamo alle nostre responsabilità: abbiamo già vissuto con la testa nelle nuvole per troppo tempo.
La Fondazione cercherà di immaginare scenari di possibili evoluzione, seguendo settimanalmente il lavoro centri studi più accreditati nel mondo occidentale.
Laura Camis de FonsecaI vostri commenti
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