Il presidente ucraino Viktor Yanukovich e il suo governo hanno raggiunto un accordo con Gazprom e si preparano a trasferire la gestione dei gasdotti ucraini ai Russi.
La rete dei gasdotti ucraini, lunga 22.000 km, ha una capacità di 140 miliardi di metri cubi (bcm) all'anno, ne trasporta abitualmente circa 120 – il 75% delle esportazioni di gas russo– e una capacità di stoccaggio di altri 31 miliardi di bcm. Questa infrastruttura, patrimonio importantissimo per il paese, è ormai tecnologicamente obsoleta e richiede massicci investimenti. Mosca, che da tempo mira a ottener il controllo della rete ucraina, ha offerto di investire nel rinnovamento del sistema in cambio del controllo sulla sua gestione. Per raggiungere l’obiettivo ha ricattato l’Ucraina. Il crescente prezzo del gas russo (che per contratto è indicizzato al prezzo del petrolio) costringe Kiev a cercare la solita soluzione in stile post-sovietico: trasferire le infrastrutture nelle mani di Gazprom, in cambio di un abbassamento dei prezzi del gas.
I progetti russi per la costruzione di infrastrutture che porteranno il gas attraverso il Northern Corridor (corridoio settentrionale) rischiano di ridurre il volume del gas trasportato attraverso i gasdotti ucraini, erodendo ulteriormente l’importanza strategica dell’Ucraina. Anche il progetto di Gazprom per la costruzione del gasdotto South Stream nel mar Nero minaccia di sottrarre volumi significativi di traffico ai gasdotti ucraini, peggiorandone ulteriormente la situazione.
C’è ancora un ultimo ostacolo: l'attuale legislazione ucraina (introdotta da Yulia Timoshenko, ora in carcere) impedisce di trasferire a terzi il pacchetto di controllo dei gasdotti dell’azienda statale Naftohaz Ukrainy e delle sue sussidiarie. Ma il Partito delle Regioni (del presidente Yanukovich), noncurante delle proteste delle opposizioni, ha chiesto l’abrogazione della legge e con ogni probabilità riuscirà ad ottenerla.
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