Il 19 gennaio 2012 alcune centinaia di cittadini si sono riuniti nel villaggio di Wanggang, sobborgo della città di Guangzhou nella provincia del Guangdong, per protestare contro la corruzione dei funzionari locali. Gli abitanti del villaggio accusano il segretario locale del Partito Comunista Cinese (CPC), nominato dal partito, di aver guadagnato oltre 48 milioni di dollari grazie a un accordo con la criminalità organizzata, tramite l’esproprio delle terre dei contadini. Oltre a chiedere un adeguato risarcimento per le terre espropriate, i manifestanti chiedono la rimozione del segretario del Partito Comunista Cinese (PCC) di Wanggang.
I manifestanti di Wanggang si ispirano esplicitamente ai ribelli di Wukan, nella stessa provincia di Guangdong, che dopo quattro mesi di protesta sono riusciti a cacciare il comitato di villaggio rimpiazzandolo con uno nominato da loro. La ribellione di Wukan è stata presa a modello anche a Jinjiang, nella provincia del Fujian, dove centinaia di residenti del villaggio di Xibian hanno condannato gli espropri mostrando uno striscione con la scritta: “Impariamo da Wukan”.
Pechino teme che le proteste possano moltiplicarsi destabilizzando il paese. Il governo già negli anni’80 tentò di allentare le tensioni persistenti tra funzionari locali del CPC e i contadini dei villaggi con l’introduzione di comitati di villaggio liberamente eletti dai residenti, che monitorano l’operato dei funzionari del partito comunista. Ma ormai nel 60-80% dei villaggi è la stessa persona a ricoprire la carica di capo del partito e presidente del comitato del villaggio.
Se proteste sullo stile di quella di Wukan si diffondono, il Partito Comunista Cinese si troverà in difficoltà e dovrà riconsiderare la sua strategia nelle aree rurali. Posizioni troppo rigide rischiano di alimentare ulteriori disordini, ma una strategia di riconciliazione potrebbe incoraggiare nuove rivendicazioni altrove.
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