Le proteste scoppiate in Bahrein nel febbraio del 2011 non si sono mai esaurite del tutto.
Alcune di queste cominciano come processioni funebri e si trasformano in manifestazioni, altre sono più spontanee e non hanno una vera leadership. Nonostante il malcontento generale, il governo non ha introdotto alcuna riforma politica di rilievo aggravando ulteriormente la situazione e facendo aumentare la rabbia.
Il Movimento del 14 febbraio ha svolto azioni di disturbo chiedendo ai propri sostenitori di intasare strade e autostrade e poi seminare detriti sulle strade e darli alle fiamme. Inoltre ha avviato una campagna sul web fornendo istruzioni su come intensificare le proteste, attaccare le forze di sicurezza e costruire bombe molotov – con tanto di illustrazioni.
Il governo al potere ha impedito che la protesta dilagasse arrestando figure chiave dell’opposizione, disperdendo i manifestanti con gas lacrimogeni e proiettili di gomma e chiudendo le strade che portano a Manama, in modo da tenere i manifestanti provenienti dalle campagne lontani dal centro.
Dietro alle proteste potrebbe esserci anche lo zampino dell’Iran: il 23 gennaio infatti il generale di brigata Mirfeisal Baqerzadeh ha dichiarato alla stampa che l’anno in corso vedrà una “nuova fase di guerriglia" in Baharein.
SiriaIl 26 gennaio 2012 Hussein Makhlouf, governatore di Damasco, ha dichiarato che alcuni gruppi armati hanno ottenuto il controllo di alcune parti di Douma, un sobborgo di Damasco, situato a circa 10 km dalla capitale, e che le autorità siriane hanno già intavolato un dialogo con i rivoltosi. Rivolgendosi a un gruppo di osservatori della Lega Araba, Makhlouf ha aggiunto che le autorità erano pronte ad utilizzare “l’approccio utilizzato a Zabadani” – ovvero ad accettare un cessate il fuoco, come avvenuto a Zabadani il 18 gennaio scorso.
La realtà è però un’altra: attivisti e residenti hanno infatti testimoniato che l’esercito siriano aveva iniziato un assedio a Douma, passando al setaccio casa per casa e scontrandosi con i disertori dell’esercito.
Con le recenti dichiarazioni il regime cerca di mostrarsi aperto al dialogo, per evitare che gli osservatori emettano una condanna del regime e chiedano alla comunità internazionale di prendere una posizione forte contro al Assad. Il regime può colpire i manifestanti anche dopo la partenza degli osservatori.
Al Assad ha perso il sostegno di molti stati arabi, proprio come successe all'ex leader libico Muammar Gheddafi nel marzo 2011. Le circostanze sembrano contro al Assad, che appare debole al momento. Ma non è ancora detta l’ultima parola.
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