L’economia irlandese dipende fortemente dalla domanda estera, poiché esporta più del proprio PIL, (ri-esporta molti beni importati come semi-lavorati). Due terzi delle esportazioni sono destinate ai paesi europei, perciò risentono dell’attuale stasi dell’economia europea. Invece la domanda di prodotti irlandesi negli Stati Uniti – che assorbono il 23% delle esportazioni irlandesi – rimarrà presumibilmente sostenuta.
I prezzi delle case in Irlanda sono scesi di quasi il 70% rispetto al picco raggiunto nel 2007. In media le famiglie irlandesi sono oberate dai debiti. Il rapporto fra debito e reddito delle famiglie nel 2010 era del 203%, il più alto dell’eurozona, dove la media è del 98%. Un’ulteriore riduzione dei consumi e della produzione interna è dovuta all’emigrazione: circa 50.000 persone – l’1% della popolazione irlandese – ha lasciato il paese solo nel 2011.
Il paese è attualmente oggetto di salvataggio finanziario, dunque il governo non ha la possibilità di stimolare la crescita aumentando le spese. Il governo tenta di attrarre investimenti dagli Stati Uniti e dalla Cina. Il boom che l’Irlanda ha conosciuto negli anni passati era stato alimentato da investimenti degli Stati Uniti; una nuova fase di crescita richiederà dunque un aumento di questi investimenti, così come della domanda europea.
La coalizione attualmente al governo è salita al potere all’inizio del 2011 e detiene 109 dei 166 seggi del parlamento irlandese: ha una maggioranza salda.
Nel 2012 la principale sfida per il governo sarà convincere gli Irlandesi a votare a favore dell’adesione al nuovo trattato fiscale dell’Unione Europea. Gli ultimi sondaggi indicano che circa il 40% degli elettori irlandesi è a favore del trattato, il 26% vi si oppone. Gli elettori irlandesi sono storicamente diffidenti nei confronti dei trattati dell’Unione Europea, e c’è un certo rischio che il referendum riservi sorprese. Il prevalere dei “no” al referendum toglierebbe all’Irlanda l’accesso ad ulteriori aiuti finanziari dall’UE.
L’Irlanda ha sperimentato pochi disordini sociali negli ultimi anni. La disoccupazione è aumentata dal 2008, ma si è stabilizzata a metà del 2010 e ora è circa al 15%. L’emigrazione diminuisce la richiesta di servizi sociali e funge da stabilizzatore per la disoccupazione. I sindacati irlandesi hanno visto una forte diminuzione della loro base. Attualmente rappresentano circa il 31% dei lavoratori, contro il 62% nel 1980.
È prevedibile che la situazione irlandese rimarrà probabilmente stagnante nel breve e medio termine, ma non dovrebbe subire peggioramenti, né scossoni.
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