Secondo un articolo apparso sul Washington Post il 16 maggio, le autorità americane avrebbero autorizzato l’invio di armi ai ribelli siriani, pagate dai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e dagli USA.
Il carico di armi, che include missili anti-carro, sarebbe in viaggio verso Damasco, mentre altro materiale bellico sarebbe già arrivato a Idlib, vicino al confine turco, e nella zona di Zabadani, sul confine libanese. Non ci sarebbero però americani sul terreno, neppure con funzioni di intelligence.
Facendo trapelare la notizia gli USA intendono mandare un messaggio all’Iran, dimostrare di avere ottimi rapporti con il CCG e di essere pronti a prendere le misure necessarie per scalzare il presidente Bashar al Assad.
È interessante notare che quasi in contemporanea il giornale israeliano Haaretz ha riportato la notizia di un viaggio ‘segreto’ del generale Aviv Kochavi negli USA, per comunicare all’amministrazione Obama che secondo il governo israeliano la fine del regime di Assad sarebbe positiva per la sicurezza di Israele.
Gli Stati Uniti sanno che la sopravvivenza di Assad consentirebbe alla Repubblica Islamica di estendere la sua egemonia dall’altopiano iranico al Mediterraneo (mappa a lato).
Non è detto che i ribelli riescano a servirsi delle armi in modo efficace, perché l’opposizione è profondamente divisa e sparsa nei quattro angoli del paese.
È strano che l’articolo elenchi in modo così dettagliato i nomi delle località dove già si trovano armi. È probabile che parte della storia sia falsa, e che si tratti di un diversivo per confondere l’intelligence siriana e spingerla a concentrare l’attenzione su obiettivi inesistenti.
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