jihad
Il 12 maggio 2012 la polizia libanese in borghese ha arrestato un islamista sunnita di 27 anni, Shadi Mawlawi, oppositore del regime siriano, accusandolo di essere legato ad al Qaeda. Dopo l’arresto si è verificato uno scambio di razzi e di colpi d’arma da fuoco fra gli abitanti di Bab Tabbaneh, sunniti e oppositori del regime siriano, e Jabal Mohsen, alawiti e quindi sostenitori di Assad. Solo dopo alcune ore le due fazioni hanno raggiunto una tregua, ma le manifestazioni e i raduni di protesta contro l’arresto non sono cessate.
Il 20 maggio si è verificata una seconda ondata di scontri, dopo che il religioso sunnita Ahmed Abdul-Wahlid e lo sceicco Mohammad Hussein al-Mereb sono stati uccisi dall’esercito presso un posto di blocco a Kwaikhat, nel distretto di Akkar, mentre si recavano al raduno organizzato dal Movimento per il Futuro dell’ex primo ministro libanese Saad al-Hariri.
Nelle ultime settimane le componenti sciite dell’esercito libanese, in collaborazione con il regime siriano, hanno arrestato numerosi attivisti siriani che operavano contro il regime su territorio libanese. Damasco con queste iniziative vuole bloccare il transito dei rifornimenti agli insorti che passano attraverso il Libano settentrionale. Estendendo il conflitto al Libano, la Siria spera anche di aprire un nuovo fronte per deviare l’attenzione della comunità internazionale e dei nemici di Assad.
Arabia Saudita e Stati Uniti, insieme ad altri alleati regionali come Turchia e Qatar, riforniscono i ribelli siriani di armi e munizioni attraverso il Libano settentrionale per rovesciare il regime di Assad e ostacolare la politica dell’Iran – unico alleato della Siria nella regione.
Il Libano del nord è un’area strategicamente importante per l’esito del conflitto, in particolare la regione di Tripoli, città povera e infiltrata da elementi salafiti finanziati dai Sauditi. Sulle colline di fronte alla città vive una comunità alawita che potrebbe imbracciare le armi in difesa del presidente Assad e contro i fondamentalisti islamici. I salafiti hanno a più riprese chiesto agli elementi sunniti dell’esercito di unirsi alle loro milizie contro sciiti e cristiani, che – secondo loro – avrebbero le posizioni più importanti nell’esercito.
Riyadh negli ultimi anni ha finanziato e armato i gruppi salafiti della regione per controbilanciare le milizie sciite come Hezbollah e i suoi alleati.
Washington preferirebbe evitare di aggregarsi con i fondamentalisti islamici, ma non può fare a meno dell’esperienza dei Sauditi, che conoscono bene il campo di battaglia.
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