Più di sette mesi dopo la fine della guerra civile la situazione in Libia rimane precaria e vede diversi gruppi armati in lotta per il potere. Le elezioni per l’Assemblea, che dovevano tenersi il 19 giugno, slitteranno agli inizi di luglio.
I miliziani della brigata Al-Awfea della città di Tarhouna hanno preso il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli la scorsa settimana ed hanno chiesto il rilascio del loro leader, il Colonnello Abu Ajila Al-Habshi, dato per disperso da giorni. Le forze governative si sono scontrate con i miliziani nel tentativo di riprendere il controllo dello scalo.
Nonostante l’aumento della produzione petrolifera dalla fine della guerra, la mancanza di un governo centralizzato, la rivalità tribale e i continui scontri hanno messo il paese in una situazione instabile. La caduta di Gheddafi non ha distolto le numerose tribù dalle lotte intestine e dalle mire espansioniste. Il Consiglio Nazionale di Transizione non è in grado di mettere freno alle lotte tribali o di unificare l’est e l’ovest del paese.
Lo stesso sta succedendo in Siria, dove si scontrano più gruppi etnici e sette religiose. Prima del 2011 la minoranza alawita che faceva capo ad Assad riusciva a gestire i diversi gruppi. Se Assad dovesse capitolare la maggioranza sunnita e gli altri gruppi ribelli potrebbero non accettare più un’autorità statale comune.
Il diffondersi di attività jihadiste in Siria costituisce un pericolo in più. Nel mese di febbraio il capo di al Qaeda ha chiamato i militanti a sostenere gli insorti in Siria, e molti guerriglieri dall’Iraq e dal nord Africa sono andati a combattere contro il regime di Assad.
Gli Stati Uniti e la NATO temporeggiano, non volendo sostenere una ribellione che vede tra le sue file i jihadisti, l’Arabia Saudita e altri paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo sostengono il jihad in Siria, proprio come successe in Afghanistan negli anni ’80. I paesi occidentali sono stati molto cauti anche nel fornire armi ai ribelli siriani, dopo aver visto come carichi di armi per i ribelli libici sono stati contrabbandati in Algeria, in Mali e nella Striscia di Gaza, alimentando le ribellioni e la malavita locale.
Negli ultimi mesi gli scontri tra fazioni pro e contro Assad sono stati frequenti anche in Libano e se il regime siriano dovesse cadere la guerra aperta fra fazioni in Libano divamperebbe nuovamente. Oggi gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita non sono più d’accordo sull’organizzazione e il controllo delle vie di rifornimento ai ribelli siriani attraverso il nord del Libano, regione che Assad cerca di destabilizzare – tramite Hezbollah – sia per interrompere i rifornimenti, sia per distrarre l’attenzione internazionale dal conflitto siriano.
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