I Balcani occidentali non costituiscono un’entità geopolitica a sé stante: sono una terra di confine il cui destino dipende soprattutto dai piani delle grandi potenze circostanti – Austria, Turchia e Russia.
È una regione profondamente frammentata politicamente ed etnicamente; vi si trovano Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia, Montenegro, Macedonia, Albania e Kosovo. La conformazione del territorio spiega questa frammentazione: la presenza di numerose catene montuose, l’assenza di grandi barriere naturali contro gli attacchi nemici e la vicinanza alle grandi potenze della regione hanno impedito la formazione di uno stato unitario e forte, salvo per un breve periodo – quello della Iugoslavia – che fungeva però da stato cuscinetto fra il blocco sovietico e i paesi occidentali uniti sotto l’ombrello NATO.
Le tre potenze esterne che hanno controllato la regione in passato mantengono tuttora legami col territorio, seppur limitati:
· le banche austriache hanno una forte presenza nei Balcani;
· la Russia continua a fare la parte del leone nel settore energetico;
· la Turchia è uno dei principali investitori nella regione, oltre ad essere il principale partner commerciale.
Si aggiunge poi l’UE, che vorrebbe includere i paesi balcanici nella propria sfera d’influenza.
All’interno dei Balcani le divisioni sono facilmente comprensibili.
La Slovenia, entrata nell’UE e della NATO, ha sempre avuto lo sguardo rivolto a occidente piuttosto che alla Serbia o alla Macedonia. Anche la Croazia, membro della NATO e candidata per l’ingresso nell’UE, ha un atteggiamento simile.
La Serbia invece si trova a metà strada, con un occhio rivolto a Occidente e uno a Oriente, e la preoccupazione per le difficili questioni di Bosnia e Kosovo. Vorrebbe entrare nell’UE, ma vista la crisi economica preferisce andarci piano. La Serbia, che nel periodo comunista dominava il resto della Iugoslavia, è ancora la più forte potenza militare dei Balcani, anche se ormai, circondata da paesi NATO (vedi mappa a lato), è inoffensiva.
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