I fondali marini contengono ogni sorta di depositi minerari fra cui manganese, rame, cobalto, nickel, oro, argento, zinco – persino elementi rari.
Secondo alcune stime – per ora tutt’altro che complete – le riserve di cobalto si aggirano sul miliardo di tonnellate – contro i 15 milioni presenti sulla terra ferma; ma buona parte dell’oceano è ancora inesplorata. Identificati i giacimenti, i minerali devono essere estratti e portati in superficie da profondità che variano dai 350 ai 6000 metri.
Per estrarre i minerali occorrono veicoli e macchinari capaci di operare a tali profondità. Per ora esistono due tecnologie di estrazione:
1) l’aspirazione idraulica, che risucchia le formazioni rocciose fino alla superficie attraverso la creazione di un ambiente sotto vuoto;
2) il sistema ‘a secchi’ che dragano costantemente il fondale e poi risalgono verso la superficie.
L’interesse per i fondali marini risale agli anni ’60 e ’70, ma la ricerca è stata limitata dagli alti costi e delle difficoltà tecniche. Sono poche le aziende private che hanno puntato su questo settore – la più importante è la canadese Nautilus Minerals Inc. Ora anche gli stati, soprattutto Cina, Giappone e Corea del Sud, cercano di dotarsi di tecnologie che aprano loro l’accesso ai minerali marini. A giugno un vascello cinese, il Jiaolong, ha raggiungiunto la profondità record di 7.000 metri. A tale profondità è possibile esplorare il 99% degli oceani!
Pechino usa spesso progetti di esplorazione di giacimenti per riaffermare la propria sovranità sul Mar Cinese Meridionale; con l’esplorazione dei fondali di profondità potrebbe allargare il raggio d’azione al Mar Cinese Orientale e all’Oceano Indiano – con grande preoccupazione dell’India, che teme l’espansionismo cinese sui mari.
Anche il Giappone ha registrato importanti successi: recentemente a sudovest di Tokyo ha scoperto un fondale fangoso che contiene elementi rari. Il Giappone è uno dei principali produttori di beni la cui tecnologia ha necessità di elementi rari – cellulari, schermi piatti e turbine. Per questo Tokyo ha destinato fra $241 e $361 milioni di incentivi per la costruzione di escavatori sottomarini.
Molti sono convinti che la tecnologia per l’estrazione sottomarina sia troppo costosa e che non sia praticabile – ovvero che i costi siano superiori ai benefici. Spesso però l’estrazione sottomarina non ha motivazioni soltanto economiche ma anche politiche, come testimoniano i casi di Cina e Giappone, paesi per i quali le miniere sottomarine hanno valore strategico.
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