I cambiamenti demografici in corso in Sudamerica avranno grandi effetti sull’economia della regione nei prossimi decenni: l’invecchiamento demografico, “malattia” di Europa e Russia, sembra aver contagiato ormai anche l’America latina.
Perché? La struttura familiare tradizionale si sta sgretolando, per fenomeni legati soprattutto all’inurbamento. Il maggior tasso di istruzione, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, l’alto costo della vita nelle città spinge le donne a rimandare la prima gravidanza fino a età più avanzata. Le migliori condizioni igienico sanitarie e il conseguente aumento dell’aspettativa di vita contribuiscono all’invecchiamento medio della popolazione.
L’America del Sud è ancora significativamente più “giovane” dell’Europa – 35 anziani ogni 100 giovani al di sotto dei 15 anni rispetto ai 170 dell’Europa!
Ma, come mostra la tabella a lato (clicca qui) la situazione sta cambiando – anche se continuano ad esserci grandi differenze da paese a paese. Tenendo conto che il livello di rimpiazzo è 2:1, cioè due figli per ogni madre, notiamo che:
· Brasile, Cile e Uruguay sono i più colpiti dall’invecchiamento demografico;
· l’Argentina è più o meno in linea con il livello di rimpiazzo, e presenta una situazione stabile;
· Colombia, Venezuela, Paraguay e Perù hanno ancora una popolazione molto “giovane”, seppur in diminuzione.
Il Sudamerica raggiungerà il picco di popolazione attorno al 2050.
In Argentina il fenomeno dell’inurbamento è di vecchia data; per questa ragione il paese registra tassi di natalità inferiori agli altri paesi della regione. Attualmente gli aiuti governativi alle famiglie tendono a stabilizzare la situazione. Fra gli anni ’50 e il 2010 la popolazione urbana è passata dal 65% al 91%, le aspettative di vita sono passate dai 65 ai 74 anni – perciò negli ultimi 50 anni la popolazione al di sopra dei 65 anni è passata dal 5% al 10%.
In Brasile il problema è più serio: il crollo del tasso di natalità e l’aumento delle aspettative di vita (cresciuta di 19 anni in soli 50 anni!) sono stati processi repentini e la popolazione anziana è raddoppiata dal 1950 ad oggi, passando dal 3,19% al 7,19%. Il calo del tasso di natalità è legato alla maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro (da 1/5 del totale nel 1979 ai 2/3 attuali). Il tasso di analfabetismo è passato dal 33% del 1970 al 10% del 2010, mentre la popolazione urbana è passata dal 36% del 1950 all’84,4% del 2010.
Per far fronte ai problemi demografici, i paesi del Sudamerica dovranno migliorare l’istruzione, puntando non solo sulla quantità ma anche sulla qualità di scuole e università, in modo da aumentare la preparazione della popolazione e di conseguenza la produttività per addetto, grazie all’introduzione di tecniche avanzate.
Il tempo a disposizione per dedicare più risorse alla scuola non è molto: i costi del sistema sanitario e delle pensioni stanno aumentando in modo esponenziale e presto peseranno troppo sul bilancio degli stati. Il picco dei costi per le pensioni si avrà attorno al 2040. Noi Europa ben sappiamo quanto sia difficile tagliare il welfare e le pensioni senza causare scontento e difficoltà anche gravi alla popolazione.
Al contrario Bolivia e Perù dispongono ancora di molti giovani lavoratori, ma devono attrarre investimenti dall’estero per aumentare le possibilità d’impiego e aumentare la produzione. Per questo potrebbero dover smantellare e privatizzare onerose aziende statali. Altrettanto dovranno prima o poi fare il Venezuela dopo Chavez e l’Argentina dopo la Kirchner.
Il Brasile, che è la maggiore economia del Sudamerica, ha problemi demografici più pressanti di quelli dell’Argentina. Per questo nei prossimi anni l’Argentina, pur avendo un’economia meno promettente, sarà avvantaggiata nella competizione economica in America latina.
I cambiamenti demografici favoriranno un aumento del flusso migratorio dai paesi più poveri verso l’Argentina e il Brasile. Queste migrazioni non dovrebbero causare problemi significativi di integrazione sociale.
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