Liberamente tratto da un saggio di Christine Folch su Foreign Affairs, settembre 2012.
L’area di confine fra Argentina, Brasile e Paraguay (mappa a lato) nei pressi del fiume Paranà è nota come ‘la Triple Frontera’. È una regione di straordinari paesaggi naturali interrotti da caotici agglomerati urbani, con tre città principali:
Puerto Iguazù in Argentina, cittadina di 40.000 abitanti che vive offrendo servizi ai turisti che vengono a visitare le cascate e poi fanno una capatina per lo ‘shopping’ a Ciudad del Este in Paraguay, città di 300.000 abitanti, grande mercato all’ingrosso di prodotti internazionali, con insegne in coreano e cinese. Ciudad del Este è il principale centro commerciale del Paraguay, collegato da un lungo ‘ponte dell’amicizia’ con Foz do Iguaçu in Brasile, città di 260.000 abitanti.
La regione della Triple Frontera è nota soprattutto per essere un centro di attività illegali e criminali: contrabbando, spaccio di droga, smercio di armi, prostituzione, traffico di prostitute, riciclaggio di denaro sporco, etc. Qui vive una comunità di commercianti arabi, soprattutto sciiti siriani e libanesi (circa 20.000) e di taiwanesi, venuti qui negli anni ’60 e ’70. Questi commercianti si sono specializzati nel contrabbandare in Paraguay container di sigarette, vestiti, computer, profumi e altri beni di lusso prodotti in Cina, Europa o Stati Uniti. La spinta ad operare nell’illegalità sono state non soltanto le tasse insostenibili applicate dallo stato paraguaiano, ma anche le tangenti che i funzionari della dogana richiedevano. Bloccare qualche container di merci in dogana qualche settimana con una scusa burocratica qualunque permette ai funzionari doganali di mandare in rovina qualunque commerciante. Perciò in Paraguay, come in tutti gli stati dove la burocrazia pubblica ha nelle mani il destino dei cittadini e non è sufficientemente controllata, fiorisce la corruzione (il funzionario corrotto diventa amico e garantisce un buon servizio), e fiorisce il contrabbando, cioè l’accordo fra burocrati e commercianti per sottrarsi all’esosità dello stato.
Le merci importate di contrabbando vengono ‘riesportate’ in Brasile da ‘sacoleiros’, cioè da portatori che vanno a Ciudad del Este, mettono in grandi ‘sacos’ (zaini) le merci e le portano di contrabbando a Foz do Iguaçù, da dove vengono smistate nelle grandi città brasiliane della costa. Fino a pochi anni fa l’attività era molto redditizia: in Brasile nel 2004 otto computer su dieci provenivano da Ciudad del Este e si vendevano a un prezzo pari a ½-2/3 del prezzo dei prodotti importati regolarmente!
Dopo l’11 settembre la Triple Frontera è finita nel mirino degli USA, convinti che vi avesse base anche una cellula di matrice islamica – lo suggerivano le indagini sugli attentati del 1992 e 1994 a Buenos Aires contro obiettivi ebraici, portati a termine da gruppi jihadisti sciiti infiltratisi attraverso la Triple Frontera. Le indagini non hanno portato ad alcun risultato certo. La regione però è un coacervo di attività criminali, perciò è facilmente infiltrabile anche da parte di criminali politici, benché sia certo che non ci sono cellule terroriste insediate in modo stabile.
Dai tardi anni ’90 numerosi fattori hanno ridotto e danneggiato le attività dei commercianti arabi e taiwanesi della Tripla Frontera, tant’è che in Brasile nel 2009 solo un computer su 10 proveniva da Ciudad del Este:
1) la fluttuazione del real brasiliano e i nuovi accordi fra i paesi del Mercosur (il mercato comune del Sudamerica, mappa a lato) che, abbassando i dazi e riducendo le barriere al libero scambio, hanno eroso il vantaggio competitivo del contrabbando;
2) lo sviluppo dell’industria elettronica e informatica in Brasile, la cui produzione ha in parte soppiantato le importazioni dall’estero;
3) l’aumento dei controlli alle frontiere, a seguito delle pressioni degli USA, preoccupati delle possibili infiltrazioni di terroristi.
A questo punto i commercianti di Ciudad del Este hanno cambiato strategia e hanno deciso di puntare sulla legalità per rimanere sul mercato. Quindi si sono rivolti alle organizzazioni internazionali (USAID, Mercosur) per avere protezione contro i funzionari statali e combattere la corruzione.
Appellandosi a un articolo del trattato del Mercosur del 2003, i mercanti di Ciudad del Este hanno avanzato la proposta di ridurre la tassa federale brasiliana sul trasferimento di beni tecnologici all’interno dei paesi del Mercosur dall’attuale 45-60% al 25%. Questo permetterebbe loro di operare legalmente sul mercato, in piena trasparenza, senza dover pagare tangenti alle dogane. Per convincere il governo brasiliano dell’utilità dell’iniziativa e delle loro buone intenzioni, i commercianti hanno deciso di iscriversi al registro delle aziende di import-export in Brasile e di pagare le tasse alle autorità brasiliane, perché siano incentivate a controllare l’operato delle dogane paraguayane, tramite il Mercosur.
Così nel 2009 il presidente brasiliano Lula da Silva e il presidente paraguaiano Fernando Lugo hanno firmato il ‘regime tributario unificato’ (RTU), entrato in vigore nel 2012, che accoglie le richieste dei commercianti della Tripla Frontera. Lo RTU prevede anche maggiori controlli alle frontiere per smantellare le attività criminali transnazionali. L’8 giugno 2012 è avvenuta la prima operazione commerciale sotto il nuovo regime: un ambulante brasiliano ha comperato prodotti di elettronica a Ciudad del Este per 1000 dollari, ha attraversato il Ponte dell’Amicizia e ha sdoganato regolarmente le merci all’ufficio doganale brasiliano.
Recentemente però il presidente Fernando Lugo è stato estromesso dal potere in modo poco trasparente con un procedimento di impeachment che pare il risultato di una macchinazione dietro le quinte – una sorta di colpo di stato che ha portato al potere Federico Franco. È sperabile che questo episodio, condannato da molti stati sudamericani, non porti all’uscita del Paraguay dal mercato comune; se così fosse tutti gli accordi cesserebbero immediatamente mandando in fumo gli sforzi volti a sviluppare condizioni di legalità nella regione – senza contare che i commercianti paraguaiani, oramai noti al fisco, sarebbero alla mercé di funzionari corrotti e avidi.
La vicenda delle tripla frontiera è una lezione per chiunque si occupi di legalità e di sviluppo economico: lasciando al mercato maggiore libertà – evitando tasse e regolamentazioni eccessive – si stimola automaticamente la domanda di legalità da parte degli stessi attori economici, che preferiranno operare in un regime di trasparenza, dove i contratti e i diritti di proprietà siano regolati e fatti rispettare dalla legge.
I vostri commenti
Per questo articolo non sono presenti commenti.
Lascia un commento
Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!
Accedi
Non sei ancora registrato?
Registrati