A fine settembre Khartoum e Juba hanno firmato un accordo, valido fino al 2015, per riprendere le esportazioni di petrolio del Sud-Sudan attraverso gli oleodotti del nord, interrotte nel 2011, dopo il referendum che ha sancito l’indipendenza del Sud Sudan.
Sono state soprattutto motivazioni di carattere economico a spingere i due paesi verso l’intesa: il 98% delle entrate del Sud Sudan – sul cui territorio si trova il 75% dei giacimenti che prima erano del Sudan – proviene dalle esportazioni di petrolio; mentre il Sudan del nord deriva il 20% delle proprie entrate dalle tariffe di transito del greggio sud-sudanese verso i porti di imbarco, che sono tutti a nord.
Il Sud-Sudan vuole comunque svincolarsi dalla dipendenza dal Sudan del Nord, che controlla tutti gli oleodotti che raggiungono i mercati internazionali; per questo ha stretto un accordo con il Kenya per la costruzione di infrastrutture per esportare il petrolio attraverso il porto keniota di Lamu (vedi immagine a lato). Il progetto, che avrà un costo di $3-5 miliardi, fa parte di un progetto più ampio (costo stimato: $30 miliardi) che prevede la creazione di strade, ferrovie, centrali elettriche e porti fra Sud Sudan, Etiopia e Kenya – che dovrebbe essere terminato nel 2015, proprio allo scadere dell’attuale accordo fra Sudan e Sud-Sudan. Tuttavia nessuno dei partner ha abbastanza mezzi per sostenere una spesa di tale portata, ed è probabile che l’inizio dei lavori si faccia attendere.
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