Il 23 ottobre 2012 l’emiro Hamad bin Khalifa è stato il primo capo di stato arabo a visitare Gaza dopo l’ascesa al potere di Hamas nel 2006. La visita ha valore di riconoscimento della legittimità di Hamas, e come tale può sembrare un gesto azzardato, ma rientra anche nella politica del Qatar di cercare il dialogo con tutte le parti, ponendosi come mediatore nei conflitti regionali. Hamas stesso dopo la caduta di Mubarak si è apertamente avvicinato all’Egitto e alla Fratellanza Musulmana, ed ha anche richiesto l’assistenza del Qatar per i propri dirigenti che hanno lasciato la Siria per non doversi schierare nel conflitto fra insorti e regime.
Il Qatar ha rapporti con Hamas da un decennio, così come li ha con vari altri gruppi islamisti, ma anche con l’Occidente e con Israele. Ora cerca di allontanare Hamas dall’influenza dell’Iran – l’unico paese che l’Emiro teme davvero. Il Qatar ha un popolazione di soli 300 000 abitanti, ricchissimi per i proventi del petrolio. Non teme rivolte interne, non teme i Fratelli Musulmani, che aiuta finanziariamente e che intervista spesso sulla influentissima rete televisiva al Jazeera, non teme i jihadisti, ma teme che l’Iran si impossessi del suo territorio. Non teme Israele, con cui ha avuto rapporti regolari fino al 2009. Sostiene apertamente i ribelli siriani contro Assad, che aveva aperto la Siria all’influenza iraniana.
L’emiro del Qatar sa di non poter avere un ruolo egemone nella regione con i suoi 300.000 cittadini, ma si è abilmente ritagliato il ruolo di mediatore diplomatico, ed esercita anche un notevolissimo soft power nel mondo arabo tramite al Jazeera.
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