Il 4 novembre 2008, mentre gli Stati Uniti votavano il nuovo presidente, carri armati, soldati e bulldozer israeliani smantellarono una vasta rete di tunnel usati da Hamas per il contrabbando di armi, interrompendo una fragile tregua raggiunta con la mediazione egiziana.
Hamas rispose sparando razzi da Gaza per diverse settimane, e il 27 dicembre 2008 Israele iniziò l'operazione Piombo Fuso: sette giorni di pesanti attacchi aerei su Gaza, seguiti da 15 giorni di incursione via terra. Quasi 1.000 razzi a corto raggio colpirono il sud di Israele, uccidendo tre civili. Dieci soldati israeliani furono uccisi (quattro da fuoco amico). 1,166 palestinesi furono uccisi, di cui 709 combattenti.
La dinamica regionale dell’operazione del 2008-9, così come quella attuale, prende l’avvio nel 2006 con la vittoria elettorale di Hamas su Fatah. L'ascesa politica di Hamas diede inizio ad una guerra civile tra le due fazioni palestinesi, che terminò il 14 giugno, quando Hamas prese il controllo della Striscia di Gaza con la forza. Dopo soli 11 giorni Hamas rapì in territorio israeliano il soldato Gilad Shalit, e ne uccise altri due. Il 12 luglio, con mossa coordinata, Hezbollah lanciò razzi dal Libano sul nord di Israele e sequestrò altri due soldati, dando il via alla seconda guerra del Libano. Hezbollah si rivelò ben armato e l'esercito israeliano fu colto di sorpresa quando bombe e missili anticarro raggiunsero Haifa. Nonostante la distruzione delle infrastrutture del sud del Libano e le 1,300 vittime civili, Hezbollah uscì dal conflitto con una vittoria simbolica: aveva tenuto testa ad Israele, come nessuno aveva ancora saputo fare.
Hamas fece tesoro dell’esempio di Hezbollah, che grazie alle credenziali militari ottenute con questa operazione ottenne un largo sostegno popolare in Libano. Ma Hezbollah aveva il sostegno dell'Iran, mentre i regimi arabi del medio oriente preferivano limitare il potere di Hamas. Pur mantenendo una retorica anti-israeliana i governi arabi consideravano Hamas ed altri gruppi radicali come un pericolo per la propria stabilità. L'Iran da parte sua vide in Hamas un altro suo possibile agente e offrì altri finanziamenti e altre armi. Con l’aiuto delle Guardie della Rivoluzione (iraniane) e di Hezbollah fu costruito un elaborato sistema di tunnel sotto la striscia di Gaza per trasportare e immagazzinare le armi fornite dall’Iran.
Durante l’operazione Piombo Fuso del 2008-9 Hamas dovette operare in un uno spazio geografico ristretto, utilizzando la popolazione civile come scudo per i lancia-razzi, con il pericolo di perdere il favore della popolazione, ma mettendo anche gli Israeliani nella tragica situazione di dover colpire bersagli circondati da civili, in ambiente urbano.
Il governo del Cairo nell’occasione mostrò i propri veri sentimenti: chiuse il valico e impedì ai palestinesi in fuga di entrare nel Sinai e ad Hamas di rifornirsi di armi. I Fratelli Musulmani approfittarono della situazione per condannare pubblicamente Mubarak, senza suscitare però grandi risonanze. Il resto della regione evitò un coinvolgimento diretto.
L’Iran invece continuò a sostenere Hamas. Con l'Iraq ormai indirettamente sotto il proprio controllo, il sud del Libano nelle mani dell’alleato Hezbollah e una posizione di crescente influenza in Afghanistan, per l’Iran era logico procedere a un'alleanza militare nei territori palestinesi per portarsi ai fianchi di Israele e sul Mediterraneo. A gennaio 2009 Israele seppe che l'Iran stava consegnando120 tonnellate di armi ed esplosivi a Gaza, tra cui missili anticarro e razzi Fajr-3. Con l'aiuto del governo egiziano bombardò il convoglio di 23 autocarri in marcia dal Sudan verso il Sinai.
L'attuale contesto politico regionale è molto diverso dal 2009. Hamas ha deciso di allontanarsi dall'asse Iran-Siria e di avvicinarsi ai Fratelli Musulmani, che sono ovunque in ascesa nella regione, dall'Egitto alla Siria alla Giordania, suscitando nuovi pericoli per Israele. La difficile situazione economica dell'Egitto, i disordini nelle città, il difficile rapporto fra governo e militari hanno portato al deterioramento della sicurezza nel Sinai. Israele non può più contare sul controllo egiziano del contrabbando di armi. Anche a nord lo stato israeliano non può più contare sul fatto che il regime di Assad tenga a freno Hezbollah per non coinvolgere la Siria in guerre non volute. Ora in Libano e in Siria pullulano le Guardie iraniane: Teheran è ora molto più vicina a Israele. La tensione è alta anche in Giordania, dove i Fratelli Musulmani chiedono apertamente la caduta del re. La crisi a Gaza rischia di suscitare instabilità nel West Bank.
Anche in occidente Israele ha meno sostegno. Gli europei tradizionalmente ritengono eccessive le reazioni israeliane. Gli Stati Uniti non hanno intenzione di farsi trascinare in altre guerre in Medio Oriente, e si aspettano che a gestire le situazioni regionali siano l’Egitto e la Turchia e gli altri stati della regione. Ankara però può far poco per mediare il conflitto, visto il deterioramento dei rapporti turco-israeliani dopo l'incidente della Mavi Marmara nel 2010. Fra gli altri attori regionali, l’Arabia Saudita teme l'ascesa dei Fratelli Musulmani e dell’islam politico, dunque non ha simpatie per Hamas. Il Qatar, che ha molto meno da perdere, sta invece offrendo aiuti finanziari per aumentare la sua influenza a Gaza.
L'Iran istiga e facilita gli attacchi contro Israele per guadagnar prestigio e sostegno in Medio Oriente, tanto più ora che insieme ad Assad vacilla anche il potere dell’Iran in Siria e Libano, e un futuro governo sunnita in Siria potrebbe scalzare anche la posizione dell'Iran in Iraq. La crisi attuale già ha distolto l’attenzione del mondo arabo – e non solo – dalla ribellione in Siria.
Fu l’Iran a fornire a Hezbollah i missili Zelzal che colpirono Haifa nel 2006. Hamas, che fino al 2009 aveva soltanto i razzi Qassam e Grad, ora ha i Fajr-5 di produzione iraniana con una gittata ben maggiore.
Hamas segue l'esempio di Hezbollah: cerca una vittoria simbolica contro Israele, anche a caro prezzo, purchè non tanto caro da distruggere il gruppo di Hamas a Gaza. Israele vuole impedire la vittoria simbolica di Hamas e vuole eliminare l'arsenale dei razzi, anche se l’Iran in futuro ne manderà altri. Sapendo di essere ora più vulnerabile che in passato, Israele potrebbe essere incline ad un'azione preventiva, per poter scegliere il tempo e il luogo della battaglia. Ma la situazione sul terreno è profondamente mutata, e occorre una valutazione accurata dei rischi e delle possibilità in questo nuovo contesto geopolitico.
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