La tecnologia e l'urbanizzazione cambiano i confini geopolitici. Il confine sul terreno rimane lo stesso, ma la necessità di profondità strategica varia. La capacità di lanciare razzi a una distanza di circa 77 chilometri (48 miglia) ha dato ad Hamas il potere di provocare danni alla popolazione israeliana, come se avesse espanso di 50 chilometri i confini di Gaza. Il vecchio confine è obsoleto, le nuove tecnologie e le armi hanno creato una nuova realtà geopolitica.
Le cinque batterie Iron Dome (foto accanto al titolo) che Israele ha usato per intercettare i razzi hanno mostrato che questa tecnologia può contribuire in modo importante alla protezione del territorio, ma per ora non ne sono state costruite abbastanza da poter costituire una vera difesa.
Anche l'urbanizzazione e la demografia sono fattori fondamentali nel definire il contesto geopolitico. Nel 1948, prima della dichiarazione dell'indipendenza di Israele, la popolazione della striscia di Gaza era di circa 80.000 abitanti. Oggi sullo stesso territorio ci sono circa 1,7 milioni di persone, che hanno un tasso di crescita del 3,3 per cento l’anno (dato del 2007). La striscia di Gaza è un agglomerato urbano enorme, disordinato e denso. È una zona di grande povertà, scarsa di risorse, circondata da vicini che non hanno nessun interesse a migliorare le sue condizioni.
Questa condizione geopolitica influenza le scelte dei palestinesi nella loro politica di opposizione a Israele. Agendo come partito, non come stato, Hamas può comportarsi in modo più spregiudicato ed ottenere più di quanto potrebbe ottenere se governasse uno stato, e nessuno lo ritiene responsabile delle condizioni di vita della popolazione. Lo stato di Israele ha più responsabilità e più difficoltà, come dimostrano le proteste dell'ultimo anno contro la corruzione e contro le disuguaglianze economiche.
Sia a Gaza che in Israele la popolazione cresce, e gli spazi non urbani si fanno più stretti. Lo scontro in uno spazio così ravvicinato sembra inevitabile, e diventa più frequente con lo sviluppo della popolazione e del tessuto urbano. Il senso di alienazione prodotta dal vivere in città accentua il desiderio di un'identità forte, la ricerca di appartenenza a un gruppo. Le conseguenze possono assumere forme diverse, dalle proteste di massa in Egitto a forme sempre più estreme di nazionalismo. In Israele negli ultimi anni i partiti nazionalisti sono diventati l’ago della bilancia della politica israeliana. A Gaza la radicalizzazione ha creato gruppi islamisti come Hamas e Jihad Islamico.
Anche la tecnologia della comunicazione cambia lo spazio geopolitico. I media e le telecomunicazioni sono usati in guerra come un nuovo tipo di arma. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) e il braccio militare di Hamas hanno intrapreso questo novembre una guerra di parole via Twitter, utilizzando i social network, per diffondere la loro propaganda e la loro narrazione dei fatti.
La riduzione dello spazio geopolitico non concerne solamente Israele e Gaza: lo stesso fenomeno ha fortemente limitato la possibilità dei vicini di prendere posizione o di mediare. Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, che fino a pochi mesi fa sosteneva apertamente la causa palestinese, oggi deve tener presente il conflitto endemico della Turchia con la popolazione curda, soprattutto dopo gli eventi in Siria, dunque non può usare in favore dei Palestinesi argomenti che potrebbero essere usati per giustificare anche la ribellione dei Curdi contro la Turchia. L'Egitto è interessato al mantenimento degli accordi di pace di Camp David per vari motivi, fra cui la necessità di aiuti americani. Il motivo più importante però è la diga che l'Etiopia ha iniziato a costruire sul Nilo per soddisfare le sue crescenti esigenze agricole ed elettriche che, se portata a termine, potrebbe interrompere il flusso regolare dell’acqua per diversi anni. L'Egitto quindi deve mantenersi in condizione di rispondere a questa sfida nei prossimi anni, anche militarmente, il che significa che non può rischiare di rompere i rapporti con Israele e trovarsi poi in guerra su due fronti.
Tutte queste variazioni allo spazio geopolitico in Medio Oriente, pur nella immobilità dei confini geografici, richiedono ora di essere analizzate, comprese e inserite in nuove strategie dai vari attori regionali: questo potrebbe favorire la durata della tregua, che è di per sé fragile, ma che nessuno ha davvero interesse a rompere in questo momento – eccetto l’Iran.
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