I partiti nazionalisti nei paesi del nord Europa si presentano ormai come alternative credibili ai partiti tradizionali. Si tratta in particolare del Partito Popolare Danese in Danimarca, del Partito del Progresso in Norvegia, dei Veri Finlandesi in Finlandia e dei Democratici Svedesi in Svezia.
Si tratta di partiti populisti di destra, fortemente critici nei confronti dell’immigrazione, che chiedono la difesa strenua dello stato sociale. Altri gruppi e partiti di estrema destra sostengono posizioni politiche di questo tipo, ma sono relativamente piccoli e poco organizzati e operano ai margini del sistema politico.
La maggior parte dei partiti nazionalisti si sono formati tra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ‘70, quando questi paesi hanno favorito l’ingresso di immigrati per aumentare la loro forza lavoro. Oggi si oppongono in particolar modo all’arrivo degli immigrati musulmani. In Danimarca, Norvegia e Svezia i musulmani costituiscono dal 2 al 5 per cento della popolazione, mentre si stima che in Finlandia la percentuale sia più esigua. Si tratta di numeri relativamente modesti, se si pensa che in Francia i musulmani sono circa l’8% della popolazione − ma i partiti nazionalisti ritengono che la presenza di immigrati musulmani abbia sconvolto società tradizionalmente omogenee. I partiti nazionalisti del nord Europa considerano fallimentari gli sforzi per assimilare gli immigrati − soprattutto quelli musulmani – e ritengono che i loro paesi dovrebbero adottare politiche più severe, volte a ridurre il flusso di immigrati. Propongono dunque di definire quote annuali per gli arrivi di stranieri e di rendere più restrittivi i requisiti necessari per acquisire la cittadinanza.
Dal punto di vista economico, la maggior parte dei partiti nazionalisti nordici sostiene l’importanza economica e culturale del welfare state. A loro avviso il welfare state è messo a repentaglio dall’incompetenza dei partiti tradizionali che mal gestiscono le risorse, oltre che dal crescente afflusso di immigrati, che utilizzano servizi che dovrebbero essere riservati ai soli cittadini. Questi gruppi tendono anche a essere critici nei confronti delle élite politiche tradizionali, sostenendo che si debba invece far appello alla “gente comune”. A differenza dei partiti nazionalisti di altri paesi, quelli del nord Europa sono riusciti a conquistare anche gli elettori della classe media. Negli ultimi dieci anni il Partito Popolare Danese ha ottenuto tra il 12 e il 14 per cento dei voti alle elezioni politiche e ha appoggiato il governo di coalizione conservatore-liberale dal 2001 al 2011. I Veri Finlandesi hanno conquistato ben il 19,5% dei voti alle elezioni del 2011, divenendo così il terzo partito del paese. In Norvegia, a partire dal 1997, il Partito del Progresso ha ricevuto più del 14% dei voti in ogni elezione, arrivando addirittura al 22,9% nel 2009. Attualmente il partito sta negoziando un’alleanza con il Partito Conservatore in vista delle elezioni del 2013, il che dimostra la sua accettazione all’interno del sistema politico norvegese. Anche se il peso dei Democratici Svedesi resta molto minore rispetto a quello dei loro omologhi di altri paesi nordici, i loro risultati sono passati dall’1,4% dei voti nel 2002 al 2,9% nel 2006, per arrivare al 5,7% nel 2010, l’anno in cui sono entrati per la prima volta a far parte del parlamento svedese con 20 seggi.
In questi paesi esiste anche una vasta gamma di gruppi e partiti con posizioni neo-naziste, che si oppongono all’immigrazione e sostengono la supremazia della razza bianca. Questi gruppi tendono a essere anti-semiti e anti-islamici e spesso si macchiano di atti di violenza contro le minoranze. Tra questi sono il Movimento Nazionalsocialista di Danimarca e il Fronte Nazionale Danese in Danimarca, SuomenSisu e il Movimento di Resistenza Finlandese in Finlandia, Vigrid e il Movimento di Resistenza Nazionale Norvegese in Norvegia e il Movimento di Resistenza Svedese e i Nazional-democratici in Svezia. Internet ha fornito loro canali di reclutamento, di comunicazione e di propaganda. Tuttavia di solito le adesioni virtuali superano di molto quelle che ci esprimono con gesti concreti. In Ungheria e in Germania esistono comprovati legami tra gruppi violenti e partiti nazionalisti tradizionali, invece i partiti nazionalisti dei paesi del nord Europa si sono allontanati da questi gruppi estremisti.
La crescita del nazionalismo non ha solo effetti sulle politiche interne dei paesi in cui si sviluppa, ma potrebbe influire in vari modi anche sulle sorti dell’Europa. In primo luogo, i partiti nazionalisti avranno probabilmente voce nella progettazione delle politiche di immigrazione. La Danimarca ne è un esempio: nel 2002 il Partito Popolare Danese ha sfruttato la sua alleanza con la coalizione di governo per ottenere leggi sull’immigrazione più severe. Nel 2010, in Svezia, il partito nazionalista ha ottenuto i migliori risultati puntando su un programma incentrato sulla battaglia contro l’immigrazione.
I nazionalisti potrebbero inoltre influenzare le politiche europee dei loro paesi. Essi hanno generalmente una visione negativa dell’Unione Europea e spesso sostengono la necessità che i loro paesi escano dall’Unione o perlomeno cessino di cedere parte della loro sovranità a Bruxelles. Il Partito Popolare Danese ha proposto un referendum per mettere in discussione l’appartenenza della Danimarca all’Unione Europea, mentre i Veri Finlandesi vogliono che il loro paese abbandoni la zona euro. In Norvegia – l’unico di questi paesi che non è membro dell’Unione Europea – il Partito del Progresso non considera certo l’adesione all’UE una priorità. Anche se questi gruppi politici non sono al governo, i partiti tradizionali sono comunque influenzati dalle loro richieste. Anche per questo l’esempio danese è chiaro: nel 2011 il Partito Popolare Danese è riuscito a indurre il governo a ristabilire almeno temporaneamente i controlli alle frontiere, in violazione degli accordi di Schengen. I Veri Finlandesi hanno criticato con forza i contributi che la Finlandia ha messo a disposizione per il salvataggio dei paesi della periferia europea; questa posizione è poi stata adottata dallo stesso governo finlandese, che ha minacciato di bloccare i salvataggi. La sfida principale che i partiti nazionalisti nordici pongono oggi non è il potenziale sviluppo della violenza etnica, ma piuttosto la diffusione dell’euroscetticismo. Se questi partiti accresceranno la loro influenza politica, molto probabilmente faranno pressione sui governi affinché adottino posizioni più severe in materia di immigrazione e implementino la cooperazione tra i paesi nordici, prendendo le distanze dall’Unione Europea.
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