Per chi pensa che la primavera araba sia un disastro, il possibile risveglio dell’Asia centrale sarà un incubo. Gli stati chiave della regione, fra cui l’Uzbekistan e il Kazakhistan, sono ancora governati da regimi di tipo sovietico, centralizzati e inefficienti, come all’epoca di Brezhnev.
Negli ultimi vent’anni nella regione si assiste a un risveglio islamico, alimentato dal malcontento verso i regimi autoritari, brutali, sterili e corrotti. Nel 2014 le truppe americane si ritireranno dall’Afghanistan, e probabilmente assisteremo a gravi turbolenze al rientro in patria degli islamisti armati del Tajikistan e dell’Uzbekistan, dopo l’esperienza di combattimento in Afghanistan. Ma il cambiamento radicale potrebbe avvenire alla morte dei vecchi governanti, alcuni dei quali sono ancora oggetto di una sorta di culto, ma non hanno nessun successore di qualche credibilità. Le élite politiche sono prive di qualunque legittimità.
Se i confini di molti stati arabi sono costruzioni artificiali d’epoca coloniale, quelli dell'Asia centrale sono stati progettati da Stalin appositamente per non coincidere con gli insediamenti etnici, creare condizioni di conflitto permanente fra le popolazioni ed aver costantemente bisogno della protezione e della mediazione russa (vedere mappa a sinistra).
L'Asia centrale, ad eccezione del Tagikistan, è prevalentemente di etnia turca, se considerata nella sua globalità. Ma la suddivisione staliniana è stata studiata in modo da favorire il mantenimento della struttura clanica delle società, mentre la suddivisione delle etnie nei vari stati rende molto difficile lo sviluppo di un movimento pan-turco. Ci sono ad esempio moltissimi Uzbeki in Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, e ci sono molti Tagiki negli accampamenti alle periferie di Bukhara e Samarcanda, in Uzbekistan. L’Uzbekistan è lo stato più popoloso, con 27,6 milioni di persone, 10 milioni delle quali vivono nella valle di Fergana. Si tratta di popolazioni non solo Uzbeke, ma anche tagike e kirghise, che da 10 anni sono in conflitto, e spesso si scontrano a mano armata. I clan dominanti in Uzbekistan reprimono duramente i disordini, ma hanno poco potere reale sulle popolazioni nella valle di Fergana, perché appartengono alla regione di Tashkent, la capitale. L’attuale dittatore Islam Karimov usa sistemi di repressione e di oppressione feroci, ma alla sua morte è probabile che scoppi una guerra civile interetnica che sarà una vera catastrofe umanitaria.
Il Kazakistan è lo stato territorialmente più esteso, teme l’Uzbekistan, fa parte di un'unione doganale con la Russia e il Bielorussia. Ha una popolazione di 15,4 milioni di abitanti, divisi in due fasce territoriali distanti: quella a ridosso della Russia e quella a ridosso della valle di Fergana, che viene facilmente coinvolta negli scontri inter-etnici.
Il Kirghizistan, con una popolazione di 5,4 milioni, è in uno stato di costante instabilità, causata dalla divisione geografica fra la capitale Bishkek all'estremo nord della piana kazaka, e i clan della valle di Fergana a sud-ovest, separati da una catena di alte montagne.
Il Tagikistan ha già avuto una guerra civile nel 1990 ed è internamente divisa in clan. Ha il terreno più accidentato, poverissimo, confinante con l’Afghanistan. Senza economia industriale e senza energia, i giovani tagiki vanno a lavorare in Russia e in Kazakistan, o vanno a combattere in Afghanistan.
Riassumendo la situazione, la maggioranza della popolazione dell’Asia centrale vive della valle di Fergana, e la Valle di Fergana è divisa artificialmente in più stati, le cui capitali sono lontane, all’altra estremità dei rispettivi paesi (vedere mappa a destra).
Il Kazakistan ha petrolio e il Turkmenistan ha gas naturale. Il Turkmenistan è geograficamente e demograficamente isolato, lontano dalla Russia, perciò riesce a giocare la Cina contro la Russia. Nel 2011 ha ricevuto un prestito da Pechino di 5 miliardi di dollari per agevolare le esportazioni di gas naturale turkmeno in Cina.
L’Asia centrale è un esperimento sovietico da osservare con attenzione. I confini artificiali, la ricchezza di idrocarburi, minerali e metalli strategici, l’instabilità politica, la frammentazione etnica e la concorrenza fra la Russia e la Cina per l'egemonia ne fanno un caso di eccezionale interesse.
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