Il disimpegno americano dal Medio Oriente preoccupa Israele. Gli USA sono sempre stati i garanti di ultima istanza della sicurezza di Israele: non militarmente, ma in quanto capaci di influire sulla realtà regionale in modo da difendere gli interessi comuni di lunga durata sia degli USA sia di Israele. Ora è proprio la comunanza degli interessi strategici di lunga durata fra i due paesi che appare a rischio.
Un esempio della situazione è l’Egitto. Un pilastro fondamentale della sicurezza di Israele è il trattato di pace con l’Egitto. La caduta di Mubarak e la presa del potere da parte dei Fratelli Musulmani non hanno ancora portato al disconoscimento del trattato di pace perché i militari egiziani, ancora influenti, lo considerano un caposaldo anche della sicurezza egiziana. Ma Israele ha imparato dagli avvenimenti degli ultimi anni che non soltanto non ha nessuna possibilità di influenzare le decisioni dei governi egiziani, ma che non l’hanno, né sono molto interessati ad averla, neppure gli USA. Gli USA hanno pochi strumenti per influenzare la politica egiziana: i buoni rapporti con i militari e gli aiuti militari. Ma se i militari perdono potere all’interno dell’Egitto, neppure gli USA ci possono far nulla, per quanto possano esserne dispiaciuti. L’Egitto non è comunque strategicamente tanto importante per gli USA da rischiare una guerra per mantenerne il controllo.
Riguardo alla Sira la situazione è ancora più confusa: lo stesso Israele non sa ancora se i ribelli saranno più pericolosi per la sua sicurezza di Assad, oppure no. Assad era comunque ‘il diavolo che si conosce’, i cui comportamenti erano noti e prevedibili. La possibilità che gli USA e l’Europa forniscano ufficialmente armi ai ribelli non può che sconcertare ed allarmare Israle.
La situazione iraniana è altrettanto spinosa. Israele non agirà unilateralmente contro i siti nucleari iraniani, anche se ne ha la capacità militare, perché non potrebbe affrontare e risolvere anche le conseguenze regionali dell’attacco, senza l’intervento militare degli USA. L’Iran attaccherebbe gli interessi economici degli USA e degli occidentali nel Golfo, provocando sconvolgimenti nei rifornimenti di petrolio, che soltanto l’intervento militare USA potrebbe contrastare e fermare. Ma gli USA non paiono convinti che l’Iran stia davvero per avere la bomba, e che intendano usarla davvero. Per Israele il rischio che l’Iran diventi davvero una potenza nucleare è una questione di vita o di morte, per gli USA una valutazione che possono anche sbagliare, senza subirne conseguenze sconvolgenti.
Il disimpegno USA dal Medio Oriente e la sua politica di non intervento diretto negli affari regionali al di fuori del continente americano cambia i rapporti non soltanto con israele, ma anche con gli altri attori regionali, e complica perciò il panorama in cui Israele si trova ad agire. Anche l’Arabia Saudita, ad esempio, sa di non poter più contare sugli USA per le questioni regionali, quindi elabora una propria strategia, assumendosene i rischi. Che posizione avrà Israele nella strategia regionale dei Sauditi? Come può muoversi Israele nei confronti dei Sauditi, per diminuire i rischi?
Le difficoltà di capire e valutare le possibili evoluzioni del panorama regionale e le conseguenze del cambiamento di strategia degli USA sono così grandi profondi, che la politica israeliana negli ultimi tempi ha distolto lo sguardo e l’ha rivolto all’interno, alla ricerca di sicurezze sulle proprie condizioni, sulla propria capacità di reazione agli imprevisti e alle difficoltà. La questione palestinese è sempre presente. La situazione regionale è incerta e fluida: Israele è in posizione di attesa. Non può far nulla per influenzare gli eventi. Non ha il potere di iniziativa. Confida negli USA, ma sa che neppure gli USA assumeranno iniziative.
Obama e Netanyahu discuteranno certamente di Iran e di Siria e della situazione regionale nel suo complesso, ma alla fine degli incontri non sarà cambiato sostanzialmente nulla. Il rapporto di amicizia verrà ribadito con grande enfasi, così come l’impegno di principio degli USA a difendere l’esistenza dello stato di Israele, ma si tratterà di dimostrazioni di reciproca amicizia utili per rasserenare le opinioni pubbliche interne nei due paesi, non di un rafforzamento effettivo dei rapporti militari ed economici, né nella definizione di strategie comuni
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