Il recente incontro fra i ministri degli esteri di Russia e Turchia per discutere della situazione in Siria non ha raggiunto accordi specifici, ma ha sondato l’atteggiamento reciproco su una serie di questioni regionali di interesse strategico per i due paesi.
Pur avendo interesse a mantenere gli alleati Alawiti a Damasco, la Russia sa che il regime di Assad non potrà resistere a lungo. Putin sa anche che, indipendentemente da ciò che si decide a Istanbul, Parigi o Washington, nessun negoziato può bloccare l’eventuale escalation verso la guerra civile nel Levante settentrionale. Non è la prima volta che ciò accade in questa regione, quindi la Russia prevedere chiaramente la traiettoria degli eventi. Non c’è molto che i due paesi possano fare per modificare il destino della Siria.
Un altro centro di preoccupazione è il Caucaso. La Turchia (e anche l’Azerbaijan) non vedono di buon occhio l’evoluzione politica della Georgia, dove è diventato Primo Ministro Bidzina Ivanishvili, molto filorusso. La Turchia non vuole che i suoi progetti per un corridoio meridionale di transito dell’energia, che attraversi il Caucaso e la Turchia per arrivare in Europa, vengano sabotati dalla transizione politica filorussa della Georgia. La Turchia sta quindi tentando di sondare gli avvenimenti in Georgia e le intenzioni della Russia, perché teme che i suoi progetti energetici vengano ostacolati.
Poi c’è Cipro. Dopo la débacle bancaria in cui molti Ciprioti e molti Russi hanno perso tutto, il governo cipriota e quello russo stanno discutendo di sviluppare i giacimenti petroliferi offshore, e questa non è una buona notizia per la Turchia. La Turchia non vede di buon occhio il formarsi di un nuovo allineamento di interessi nel Mediterraneo orientale, proprio lungo le sue coste, fra Israele e Cipro, per lo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale, con il co-interessamento della Grecia e il possibile sostegno russo. La Turchia è contraria a questi progetti, perciò non vuole che i negoziati per il bailout di Cipro da parte della Russia includano promesse di trasferimento alla Russia di diritti di sfruttamento dell’energia, tanto più che lo status internazionale della Cipro turca, a nord, rimane indefinito. La Turchia cerca un mediatore per il conflitto fra Cipro e l’enclave turca del nord. Gli Europei hanno altre preoccupazioni e non se ne interessano, perciò la Turchia si è rivolta direttamente alla Russia per sondarne le intenzioni, e verificare che la pretesa di sovranità turca sulla parte settentrionale dell’isola non sia messa in pericolo.
La Russia vuole intessere rapporti più stretti con Cipro, facendo leva anche su legami culturali, religiosi ed economici, sia per avere una base certa nel Mediterraneo orientale, sia per non essere esclusa da un qualche progetto energetico che possa indebolire la sua posizione di fornitore d’energia all’Europa. La Turchia stessa dipende dalla Russia per il 70% del suo fabbisogno energetico. È logico aspettarsi che i due paesi trovino un accordo di collaborazione. Per quanto la Turchia non ami dipendere dalla Russia per l’energia, non può evitarlo, tanto più che il suo fabbisogno è in crescita.
La Turchia può trovare fonti di energia alternative in Iraq o in Iran, ma questo comporterebbe molte complicazioni politiche. Ankara riceverà gas naturale dall’Azerbaijan quando i giacimenti Shah Deniz II diventeranno operativi, ma non riuscirà comunque a sostituire la quantità di gas che riceve dalla Russia.
Dunque la Turchia sta pian piano tentando di allargare la sua influenza all’Asia Centrale, sempre mostrando alla Russia che non intende contrastare i suoi interessi, bensì agire in piena collaborazione. Erdogan per esempio ha chiesto che la Turchia entri nella Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione insieme alla Russia, dicendo più o meno: “Siamo uno dei vostri, vogliamo lavorare con voi, non con l’Europa”, anche se per la Turchia il commercio con l’Europa è d’importanza vitale. Come la pensino i Russi è tutta un’altra questione.
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