In questo articolo del 18 giugno, apparso su “il Giornale” con il titolo “Cosi la follia islamista crea i suoi terroristi fra di noi (e li uccide)”, Fiamma Nirenstein evidenzia come il millenarismo jihadista possa affascinare anche i giovani occidentali.
È tragica ed enigmatica la notizia che il Giornale ha ricevuto in queste ore. Un ragazzo ligure di 20 anni avrebbe perso la vita combattendo nelle file dei ribelli anti Assad in Siria, ovvero si sarebbe unito alla guerriglia sunnita legata all’islam più belligerante, affascinato da quella che a lui è parsa come la guerra in cui giocarsi l’esistenza. Non è certo il solo fra i nostri ragazzi che sia stato travolto dalla jihad, è invece uno dei tanti figli della nostra zoppicante cultura che sceglie la fuga più trasgressiva che riesce a inventarsi: quella di una immaginaria purezza che lo invola e lo assolve da tutte le cose del nostro mondo, dal consumismo, dalla promiscuità sessuale o semplicemente dalle ragazze ammiccanti e infide, dal vizio (come l’alcool, per esempio) e lo purifica in un fuoco che gli farà cambiare il mondo conquistandolo alla vera fede, alla redenzione. Compito magnifico.
In Francia dal 2003 al 2009 sono partiti in 60 e 13 sono morti. Ottanta sono in carcere. Il furore etico che ti rende vittima o assassino per una causa immensa. Se uno pensa al leninismo e allo stalinismo, all’innocenza del delitto di massa, può avere un’idea di quello stato d’animo. È tutto per il bene delle vittime della storia, i diseredati, gli umili. Succede ormai di continuo, peschiamo a caso per esempio in Canada, nell’improbabile cittadina di London, non lontano da Detroit: i genitori di Christos (ironia del nome) Katsirubas hanno raccontato che il loro figliolo era morto in un incidente di macchina in Algeria. Invece era saltato per aria nel 2011 mentre coll’amico di origine marocchina che lo aveva convertito, Ali Medlej, si dedicava ad un attentato al condotto del gas in Algeria.
Giuliano, un ragazzo di Genova, ha scelto la strada più inaspettata e bizzarra, ma ormai tutta Europa e gli Stati Uniti pullulano di ricerche che battono la testa contro il fenomeno della radicalizzazione terrorista legata alla conversione. In Italia, per esempio, è stato arrestato nel 2012, a Pesaro, Andrea Campione, 28 anni, un operaio jihadista che stava fuggendo in Marocco, legato all’arresto del Marocchino Mohammed Jarmoune che aveva nel computer un sopralluogo della sinagoga di Milano. Un altro italiano, Domenico Quaranta, islamista, aveva bruciato una stazione della metropolitana e pianificato la distruzione del tempio di Agrigento.
Il loro numero cresce in tutto il mondo, i convertiti sono i più disponibili agli attacchi terroristi o al combattimento violento: l’esplosione della sinagoga di Gerba che uccise 21 persone fu preparata da un polacco; una tedesca fu acchiappata mentre andava in Iraq per fare un attentato portandosi dietro il bambino di un anno; Richard Reid, inglese, cercò nel 2003 di far saltare per aria un aereo di linea col tritolo nelle scarpe; una belga chiamata «Mireille» terrorista in Iraq; i due fratelli Tsarnaev, educati all’americana, sono gli autori di uno dei peggiori fra i recenti attacchi, quello di Boston; o Adebolajo di Romford, Essex, che chiese di essere chiamato Abu Hamza dopo che a Londra aveva fatto a pezzi un soldato in licenza; o Nicole Mansfield di 33 anni si è fatta anche lei ammazzare in Siria lasciando una figlia. Il numero e le eventualità per cui un giovane si radicalizza sono un’immersione oceanica nell’incubo. Secondo lo psicologo Russell Razzaque, autore di Da essere umano a bomba umana, gran parte di questi ragazzi non hanno un rapporto stretto con i genitori, la loro vita è tutta un tentativo di riempire il vuoto di intimità con una presenza più significativa.
Le prede diventano particolarmente vulnerabili quando lasciano la casa per lavorare o studiare, ed è là che il predicatore le conquista con un messaggio: tu sei speciale, unico, la tua missione è importante, anzi, definitiva per il genere umano.
Qui comincia un’avventura per cui il giovane finisce nei campi jihadisti. Giuliano è stato forse addestrato alla guerra, convinto di essere insieme un eroe, la colonna di una nuova élite, ma anche la vittima della indegna società in cui era nato. Una mistura micidiale, di cui molti danno alcuni cucchiai tutti i giorni ai figli: vittimismo e vanagloria etica. La formula della jihad che crea dei burattini occidentali, e poi li uccide.
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