Turchia e Iran
discutono la situazione regionale

27/07/2013

La nuova situazione in Egitto preoccupa molto Turchia e Iran, i cui ministri degli esteri si sono recentemente incontrati proprio per discuterne. Entrambi i paesi hanno condannato la deposizione del presidente Morsi, avvenuta per mano militare il 3 luglio. Entrambi i paesi dovranno rivalutare le proprie strategie nella regione, se non saranno più i Fratelli Musulmani a governare l’Egitto.

Erdogan e il suo partito, saliti al potere 11 anni fa proprio denunciando decenni di strapotere militare, sono ora investiti da un’ondata di proteste senza precedenti all’interno. L’espulsione dei Fratelli Musulmani dal governo egiziano per mano dei militari è sicuramente un evento allarmante per Erdogan, anche se il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo è ideologicamente diverso dai Fratelli Musulmani e si definisce post-islamista. Il partito di Erdogan era considerato fino a poche settimane fa l’esempio dell’evoluzione che i Fratelli avrebbero dovuto avere per gestire il potere con successo in Egitto. La Turchia di Erdogan si apprestava ad agire come “fratello maggiore” dell’Egitto, capace di influenzarne l’evoluzione.

L’Iran è ideologicamente molto più vicino ai Fratelli Musulmani di Erdogan. La divisione settaria tra sciiti e sunniti limita l’influenza che Teheran riesce a esercitare sull’Egitto, ma Teheran si è avvicinata ai Fratelli Musulmani per infastidire i Sauditi, suoi principali rivali nella regione e oppositori dei Fratelli Musulmani. L’Iran sperava di poter usare i Fratelli Musulmani anche contro Israele, dato che avevano espresso l’intenzione di rivedere gli Accordi di Camp David. Teheran sperava anche di poter influenzare tramite l’Egitto il ramo siriano dei Fratelli Musulmani, al fine di dividere il fronte dei ribelli.  

La caduta del governo Morsi impedisce la realizzazione degli obiettivi che Ankara e Teheran si erano posti per l’Egitto. I due paesi sono accomunati dalla stessa perdita e ciò potrebbe farli avvicinare per discutere anche della situazione siriana, che è urgente e importante per entrambi. Né Ankara né Teheran vogliono che siano gli jihadisti a prendere il comando dell’opposizione sunnita, e potrebbero iniziare a cooperare per questo scopo comune. 

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