L’FMI e la battaglia legale
sui bonds argentini

27/07/2013

Il consiglio di amministrazione del Fondo Monetario Internazionale ha respinto la richiesta di inviare una petizione alla Corte Suprema degli USA in favore dello stato argentino. La situazione in cui si trova l’FMI a proposito dell’Argentina è assurda.   

A dicembre 2001 l’Argentina dichiarò di non poter pagare il debito in scadenza e lo rinegoziò a condizioni punitive per i creditori. Soltanto il 93% dei creditori accettarono la proposta, gli altri portarono lo stato argentino in causa davanti al giudice Thomas Griesa di New York, che ha ora sentenziato che l’Argentina non può procedere a pagare il 93% dei creditori se non accontenta contestualmente anche gli altri. Questo significa che l’Argentina dovrebbe fare tecnicamente fallimento, non potendo pagare neppure i creditori che hanno accettato l’accordo. La soluzione potrebbe venire dalla Corte Suprema, se intervenisse a bloccare la decisione del giudice Griesa.     

Il default dell’ Argentina e il successivo accordo punitivo con i creditori fu circondato dalla riprovazione sdegnata delle istituzioni monetarie internazionali, in prima fila il Fondo Monetario. Che ora invece Cristine Lagarde abbia ipotizzato di sostenere lo stato argentino contro i creditori, ricorrendo addirittura alla Corte Suprema, la dice lunga su quanto è cambiata la situazione globale, quanto è cambiato il Fondo, e quanto si presuma possa avvenire prossimamente.

Dopo l’insolvenza della Grecia e la possibile insolvenza di altri stati, il Fondo Monetario Internazionale oggi protegge gli stati più che gli investitori, a differenza del passato. Il Fondo ha persino recitato un mea culpa lo scorso mese, riconoscendo che le misure di austerità richieste alla Grecia hanno avuto affetti negativi, non positivi, e che ora occorrono misure di stimolo alla crescita. Data la nuova realtà, il Fondo ritiene ora che la soluzione migliore in caso di insolvenza sia la ri-negoziazione ordinata e forzosa del debito, anche se comporta enormi perdite per gli investitori. È un segnale che aumenterà probabilmente la paura degli investitori, anziché rassicurarli.

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