La produzione di petrolio e di gas naturale del Kazakistan è stagnante e i ricavi provenienti dal settore energetico stanno diminuendo. Per correre ai ripari, Astana cerca investitori stranieri, perché investano nello sfruttamento dei giacimenti. Rientra in questa strategia anche il recente acquisto da parte del governo kazako della quota della ConocoPhillips nella società per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Kashagan – progetto costoso, il cui completamento continua a essere rinviato – per rivenderla immediatamente alla China National Petroleum Corp.
Il coinvolgimento cinese assicurerà il sostegno finanziario di cui il progetto ha bisogno.
Il giacimento di Kashagan – con riserve stimate di 35 miliardi di barili di petrolio – è uno dei più grandi scoperti negli ultimi 40 anni. Il governo punta sul suo sfruttamento per aumentare le esportazioni. Inizialmente si stimava che il giacimento sarebbe diventato operativo nel 2005, con un investimento iniziale di10 miliardi di dollari. Sono passati 8 anni, la produzione non è ancora cominciata, i costi hanno già superato i 46 miliardi di dollari. Il progetto presenta grandi difficoltà tecniche, perché Kashagan si trova nella parte settentrionale del Mar Caspio, spesso ricoperta da grandi lastre di ghiaccio mobili, dove anche le trivelle si congelano. Inoltre i membri del consorzio – l’ENI, la Royal Dutch/Shell, la Total, ExxonMobil, ConocoPhillips e la giapponese Inapex – sono spesso in disaccordo. Nel 2009 l’ENI fu accusata di non rispettare le responsabilità assegnatele. Nel 2012 ha dovuto rispondere ad accuse di corruzione del governo kazako, e sembrava intendesse uscire dal consorzio. Adesso è la ConocoPhillips a lasciare il progetto, vendendo la sua quota dell’8,4%, che verrà assegnata ai Cinesi.
Il governo kazako ha chiesto aiuto anche agli Inglesi. L’obiettivo era produrre 180000 barili al giorno nel 2013 per poter salvare il bilancio statale, ma è probabile che l’inizio della produzione sarà posticipato alla fine del 2014.
Il Kazakistan produce nei vecchi giacimenti 19,7 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, di cui la metà viene esportato, soprattutto in Russia, ma i ricavi non bastano per le necessità del paese. Inoltre i paesi vicini, più ricchi di risorse, stanno acquisendo i grandi clienti che il Kazakistan sperava di catturare. Il Turkmenistan possiede il Galkynysh (anche noto come Iolotan Sud), enorme giacimento di gas naturale da poco operativo, e quest’anno esporterà in Cina 50 miliardi di metri cubi, più del doppio rispetto al 2012. Anche la Russia ha recentemente firmato una serie di accordi energetici con la Cina. In precedenza la Cina pareva interessata quasi esclusivamente al Kazakistan per le future forniture di gas e petrolio, ma ora si è rivolta altrove.
Il 52,2 % del bilancio del Kazakistan dipende dall’esportazione di petrolio e gas e dal loro prezzo sul mercato internazionale, che in questo momento è inferiore alle previsioni. Il governo kazako è perciò in una posizione molto vulnerabile.
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