Mentre i media parlano ossessivamente dell’imminente attacco contro la Siria di Assad, il premier iracheno Nouri al Maliki, su richiesta degli ayatollah di Teheran, ha ordinato un attacco contro Campo Ashraf per eliminare gli ultimi oppositori, che combattono da oltre 30 anni contro la teocrazia e la tirannia.
Si tratta del terzo attacco dal 2009, da quando gli USA hanno affidato alle forze irachene il controllo e la gestione del campo. Fino a pochi anni fa Campo Ashraf ospitava circa 3000 oppositori del regime iraniano, per lo più sostenitori dei Mojaheddin del Popolo; nell’ultimo anno il numero è sceso a 100, dopo la decisione del governo iracheno di trasferirli tutti a Camp Liberty, un’ex campo militare americano, aperto nel 2003 dopo l’invasione americana.
Lo scorso sabato, 1° settembre, in piena notte l’esercito iracheno ha fatto irruzione a campo Ashraf liquidando oltre 50 persone con un colpo di pistola alla testa e rapendo alcune donne. Secondo fonti locali all’attacco hanno partecipato anche elementi della forza al-Quds, unità speciale delle Guardie della Rivoluzione iraniane.
Ora che rischia di perdere il sostegno dell’alleato Assad, il regime iraniano sta accelerando l’eliminazione di ogni possibile oppositore politico, nel fragoroso – e vergognoso – silenzio dei media internazionali.
L’illusione del “presidente riformista” messo in mostra di fronte all’Occidente si ripete. Proprio come ai tempi di Khatami, Teheran presenta al mondo una figura spendibile a livello internazionale, Rohani, per distogliere l’attenzione dai propri propositi terroristici. Ma dietro alla vetrina il regime continua ad assassinare gli oppositori, e continua anche il programma di arricchimento dell’uranio, in barba agli ispettori dell’ONU.
Davide Meinero
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