Da qualche tempo la Bulgaria è alle prese con tre crisi che si sovrappongono. La prima è una crisi sociale di vaste proporzioni. A febbraio migliaia di Bulgari sono scesi in piazza per protestare contro i costi crescenti delle bollette di luce e gas. In Bulgaria l’elettricità costa meno che nel resto d’Europa, ma anche i salari medi sono tra i più bassi del continente (360 € al mese). Secondo l’Eurostat l’economia bulgara crescerà dello 0,9% quest’anno, ma − dato che la disoccupazione ha raggiunto il 13,1% nel 2013 − circa la metà della popolazione rischia di scendere sotto la soglia di povertà.
Il malcontento sociale ha generato una crisi politica. Si è passati dalla protesta per i costi delle bollette alle accuse di corruzione e mancanza di trasparenza rivolte alle istituzioni. Nel maggio scorso sono state indette elezioni anticipate che hanno portato a un cambio di governo, ma il malcontento non è stato placato. La vittoria di misura è andata al partito di centro-destra Gerb; il Partito Socialista ha formato un governo precario in coalizione con il partito della minoranza turca MRF, e ha bisogno dell’appoggio esterno del partito nazionalista e xenofobo Ataka.
Nelle scorse settimane si è inasprita la crisi dell’immigrazione. La posizione geografica della Bulgaria nel sud-est del continente, nei pressi di Turchia e Siria, la rende un comodo punto di accesso all’Unione Europea per migranti e richiedenti asilo. Nei primi dieci mesi del 2013 sono arrivati in Bulgaria 8000 rifugiati (nel 2012 erano stati 2000) e il ministro dell’Interno prevede che entro la fine dell’anno si raggiungerà quota 11000-15000 rifugiati, provenienti soprattutto dalla Siria. Si tratta di cifre importanti per un piccolo paese che conta soltanto 7,3 milioni di abitanti. Numerose organizzazioni criminali facilitano l’ingresso illegale di migranti provenienti dalla Turchia e dai Balcani Occidentali. Il 3 novembre il commissario europeo Kristalina Georgieva ha annunciato che la Bulgaria riceverà finanziamenti europei per gestire al meglio il problema dei rifugiati e per contrastare i sentimenti xenofobi che stanno prendendo piede tra la popolazione. Lo stesso giorno Ataka e altri partiti nazionalisti hanno indetto una grande manifestazione. Ataka rappresenta oggi circa il 9% dell’elettorato e si teme che alle prossime elezioni europee possa aumentare i consensi, così come altri partiti anti-europeisti e nazionalisti in altri paesi europei.
Queste tre crisi sovrapposte colpiscono il paese proprio mentre Bulgaria e Romania stanno chiedendo di entrare a far parte dell’area Schengen. I paesi dell’Europa Occidentale temono che Bulgaria e Romania non siano in grado di controllare adeguatamente i propri confini per arginare l’immigrazione clandestina. Inoltre gli altri paesi firmatari degli accordi di Schengen temono che l’eliminazione dei controlli alle frontiere farebbe aumentare in modo incontrollato anche lo spostamento di masse di lavoratori da Bulgaria e Romania. Recentemente il governo britannico ha dichiarato pubblicamente di voler evitare l’arrivo in massa di Bulgari e Rumeni, mentre la Francia ha espresso preoccupazioni per l’arrivo di migranti di etnia rom.
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