Il percorso delle civiltà umane nella storia ha seguito rotte geografiche ben precise, di cui ci chiediamo la ragione.
Fino a 13.000 anni fa gli uomini erano nomadi, cacciatori e raccoglitori, cioè migravano da una regione all’altra alla ricerca di frutti, bacche, semi e selvaggina. Quando il cibo terminava in una valle, si spostavano nella valle accanto e così via. Erano organizzati in piccole tribù abbastanza numerose per le battute di caccia, abbastanza snelle per prendere decisioni e spostarsi rapidamente. Uomini nomadi percorrevano già tutti i continenti prima che venissero costruiti i primi villaggi.
Secondo gli scienziati circa 130.000 anni fa gli uomini iniziarono a spostarsi dal continente africano verso il Medio Oriente e l’Asia. Poi in Europa. Circa 20.000 anni fa dall’Estremo Oriente raggiunsero le Americhe attraversando lo stretto di Bering. Gli spostamenti avvenivano alla ricerca di regioni a clima mite, dove ci fosse abbondanza di acqua, piante e selvaggina. Dove c’era più cibo il gruppo si fermava più a lungo, faceva più figli, la popolazione cresceva.Quando il cibo non bastava più, la popolazione si divideva in gruppi che prendevano direzioni diverse alla ricerca di altro territorio, altro cibo. Chi arrivava in territori già occupati doveva andar oltre.
Così nell’arco di circa 120.000 anni gli uomini si diffusero in tutti i continenti. 13.000 anni fa avevano già sterminato tutta la megafauna per cibarsene. In Australia e nelle Americhe avevano sterminato anche i grandi mammiferi. Sotto la pressione della fame, circa 13.000 anni fa gli uomini impararono l’agricoltura, divennero stanziali, costruirono i primi villaggi.
Probabilmente furono le donne, specializzate nella raccolta e non nella caccia, a capire per prime i cicli della vita delle piante osservando la natura, e a fare i primi esperimenti di semina. Gli uomini continuarono a cacciare, ma iniziarono a dedicarsi anche loro all’agricoltura.
L’agricoltura si sviluppò dapprima nella Mezzaluna Fertile. Bagnata dal Tigri e dall’Eufrate, estesa dal Mediterraneo al Golfo Persico, la mezzaluna fertile è straordinariamente ricca di climi e microclimi diversi, che favoriscono un’estrema diversità animale e vegetale.
Otto piante possono essere considerate la base dell’agricoltura, e sono tutte presenti nella Mezzaluna Fertile: tre cereali (farro, einkorn e orzo), quattro legumi (lenticchie, piselli, ceci e cicerchia) e una fibra (il lino). Nella Mezzaluna Fertile si trovavano tutte le cinque specie di mammiferi che l’uomo è riuscito ad addomesticare e allevare su larga scala attraverso i millenni: pecore, capre, buoi, maiali, cavalli.
Poco a poco gli uomini inventarono metodi e strumenti per creare solchi nel terreno e zapparlo; per mietere le piante e raccoglierle in fasci o dentro a ceste, per trasformare i frutti e i semi e conservarli in recipienti di terracotta. Capirono che era possibile raccogliere l’acqua in canali per portarla dove è necessaria. La produzione di cibo aumentò costantemente grazie alle nuove tecniche, permettendo di sfamare una popolazione sempre maggiore. Si creò un circolo virtuoso per cui una popolazione più numerosa produce più cibo grazie a più lavoro e migliori tecniche, e più cibo permette di alimentare più figli. In un grande gruppo c’è più capacità di innovazione e di lavoro, e ogni innovazione aumenta la produzione di beni utili alla vita. Con la produzione di molto cibo si pose il problema sia della conservazione che della difesa delle scorte da attacchi esterni, umani e animali. La necessità di risolvere questi problemi stimolò la creatività delle persone alla ricerca di soluzioni. Si svilupparono tecniche prima inesistenti: la ceramica, l’arte di intrecciare cesti, di costruire muri e tetti, di forgiare metalli, di tessere.
Una parte della popolazione non lavorò più soltanto per produrre cibo ma per produrre strumenti e tecniche per trasformarlo, conservarlo e difenderlo. Nacque la divisione del lavoro si formarono gruppi dotati di competenze e compiti specializzati. L’abbondanza di risorse e l’esperienza della fame portò a risparmiare una parte di risorse per il futuro: si ebbe la prima accumulazione di capitale. L’abbondanza di prodotti portò a definire la quantità come numero, a partire dalla ripetizione di contenitori di uno stesso prodotto. Si elencarono i contenitori incidendo a fronte di ognuno un segno su una tavoletta d’argilla. L’uomo iniziò a pensare per simboli ed astrazioni, quindi a scrivere.
Ma chi decideva che cibo conservare, dove immagazzinarlo, quanto cibo riservare agli artigiani che non coltivavano la terra, ma il cui lavoro era ormai essenziale, quanto darne a chi difendeva le risorse e il villaggio dalle razzie nemiche?Nacque l’organizzazione politica gerarchica: i più forti imposero ai coltivatori regole che permettessero sia l’accumulazione e la difesa delle risorse sia la loro distribuzione. Nacque lo stato, che impose tasse ai coltivatori per pagare guerrieri, artigiani, organizzatori e controllori: tutta una burocrazia che obbediva alla famiglia più forte. Nacque la monarchia; si organizzarono gli eserciti di professione; si moltiplicarono gli artigiani, gli artisti. Già nelle comunità nomadi erano sorte figure molto rispettate: persone che sembravano capire sia la benignità della natura sia i suoi cataclismi. Queste persone insegnavano a placare l’ira degli dei, e godevano di grande autorità e prestigio. Divennero i primi re, mediatori fra gli uomini e gli dei, che imposero regole in nome della volontà divina. L’organizzazione gerarchica, la possibilità di raccogliere tasse e usare la forza permisero ai re e alle famiglie più forti di fare grandi opere: si costruirono città, strade, canali. Città e villaggi che producevano beni diversi presero a scambiarli con i villaggi e le città vicine, moltiplicando i prodotti, la varietà dei sistemi di produzione e le conoscenze tecniche. Quello che noi chiamiamo civiltà appare nella storia con l’agricoltura. Gli agricoltori sconfissero ovunque i cacciatori con i loro guerrieri professionisti, le tecniche superiori, il maggior numero di persone, l’organizzazione gerarchica che permette il migliore utilizzo delle risorse.
Secondo lo scrittore Yoram Hazony la Bibbia è il più antico testo di storia che conosciamo, e racconta in forma mitica il passaggio dalla condizione di vita del cacciatore e raccoglitore alla condizione di vita dell’agricoltore. Fu un passaggio molto difficile, che cambiò non soltanto la storia ma anche la psiche dell’uomo. La cacciata dal giardino dell’Eden rappresenterebbe il passaggio da una condizione di felicità animale alla consapevolezza di essere responsabili della propria sopravvivenza. La consapevolezza rende più simili a Dio, dà conoscenza del bene e del male, ma crea anche grande sofferenza. Nella Bibbia Giuseppe, figlio di Giacobbe, è colui che insegnò al faraone ad accumulare risorse per i periodi di magra interpretando il sogno delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre e delle spighe di grano. Ne ricavò onore e ricchezze per sé e per la propria tribù. Ma con l’accumulazione delle risorse, il Faraone aumentò il proprio potere, e ridusse in schiavitù anche i discendenti di Giuseppe. Li salvò Mosè, che li condusse nomadi nel deserto, senza certezza del domani ma liberi.
Da allora per capire gli avvenimenti della storia umana è necessario considerare non soltanto le opportunità e i vincoli posti all’uomo dalla geografia ma anche il grado di coesione e collaborazione dei gruppi umani, sia al loro interno che all’esterno. L’interazione fra i popoli può svolgersi in modo pacifico, attraverso il commercio e lo scambio di idee, ma anche in modo bellicoso, attraverso l’oppressione e la conquista. La disciplina che interpreta gli eventi alla luce sia delle necessità geografiche sia della coesione delle popolazioni si chiama geopolitica.
Ribellioni e rivoluzioni sono sempre il prodotto di oppressione economica e dell’esclusione di una parte della popolazione dalle gerarchie di potere.
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