La sostanza delle trattative USA-Iran,
oltre il rumore di fondo

25/11/2013

Perché gli USA e l’Iran − nonostante le difficoltà, il braccio di ferro fra le parti e le rimostranze degli altri paesi del Medio Oriente − hanno raggiunto un accordo sul nucleare iraniano? Perché entrambi i paesi non possono uscire dall’impasse in cui si trovano, se non normalizzando i rapporti.

Gli USA vogliono portar via i soldati dal Medio Oriente e vogliono aver l’agio di dedicare più risorse e più attenzione all’Estremo Oriente e al Pacifico, che sono diventati il perno degli interessi e della politica estera americana. Ma non possono lasciare il Medio Oriente se c’è il rischio che l’Iran destabilizzi o attacchi i paesi vicini, approfittando del vuoto di potere lasciato dal ritiro dei soldati NATO.

L’Iran, d’altra parte, ha bisogno di ammodernare la propria economia, perché attualmente il pericolo maggiore per il regime degli Ayatollah è una rivolta popolare. L’Iran ha più di 70 milioni di abitanti, fra cui tantissimi giovani, e un’economia che si è decisamente impoverita a causa delle sanzioni e della lunga chiusura agli investimenti e alla tecnologia proveniente dall’estero. L’industria petrolifera iraniana è sempre meno produttiva, perché i sistemi di estrazione sono obsoleti e i giacimenti più facili da sfruttare sono ormai impoveriti. L’agricoltura si è impoverita per mancanza di aggiornamento delle tecniche di coltivazione e mancanza di investimenti nelle infrastrutture per l’irrigazione, il magazzinaggio, il trasporto. Inoltre l’Iran deve prendere atto del fallimento della politica regionale perseguita negli ultimi dieci anni: in Iraq i Sunniti si oppongono ancora violentemente all’egemonia sciita; in Siria Assad ed Hezbollah hanno perso larga parte del loro potere; i rapporti con l’Egitto, che con il presidente Morsi s’erano fatti più cordiali, sono nuovamente congelati. È molto significativo il fatto che l’Ayatollah Khamenei sia pubblicamente intervenuto per sostenere l’opportunità delle trattative, sia contro le critiche delle Guardie della Rivoluzione sia contro gli oppositori del presidente Ruhani. Le masse giovanili prive di orizzonti futuri stanno diventando un pericolo per la sopravvivenza del regime degli ayatollah, perciò la decisione di cercare di ‘normalizzare’ i rapporti con gli USA per ottenere la fine delle sanzioni − e quindi dedicarsi all’ammodernamento dell’economia − è stata probabilmente presa al massimo livello.

Un Iran non più ostile potrebbe diventare una componente essenziale della politica americana di mantenimento dell’equilibrio in Medio Oriente, fino a minacciare gli interessi dell’Arabia Saudita e della Turchia, oltre che di Israele. Questo potrebbe portare a un riallineamento degli interessi di questi tre paesi, a un loro avvicinamento tattico. Anche l’Azerbaijan teme le ingerenze dell’Iran, e da tempo collabora con Israele sul piano militare. Ma è troppo presto per ipotizzare le ulteriori evoluzioni della regione: l’unica cosa certa è che USA e Iran avevano, ognuno per motivi diversi, necessità di trovare questo accordo.

 

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