La Cina e l'Europa dell'Est

12/12/2013

Per paesi vulnerabili come la Serbia e l’Estonia la prospettiva di investimenti cinesi è una boccata d’aria fresca. La Cina ha capitale in abbondanza ed è pronta a spenderlo, decidendo e agendo velocemente. La Cina sta investendo in Europa Centrale e Orientale in misura minore rispetto agli investimenti in Asia Centrale, nelle Americhe e in parti dell’Africa, dove investe in progetti energetici, estrattivi e infrastrutturali. Ma per i paesi dell’Europa Centrale e Orientale si tratta comunque di investimenti significativi, che promettono di migliorare la competitività e la connettività infrastrutturale.

Durante il secondo summit dei leader di Cina ed Europa Orientale, tenuto a Bucarest il 25 novembre, sono state avanzate dodici proposte di cooperazione economica, fra cui l’apertura di una linea di credito di 10 miliardi di dollari, oltre a collaborazioni in campo scolastico e turistico. Prima di poter dare un seguito concreto a queste proposte, i vari paesi interessati dovranno fare i conti con ostacoli politici, tecnici e amministrativi, senza contare le coercizioni diplomatiche ed economiche da parte russa. Ciononostante il summit ha dimostrato che la volontà di collaborazione è forte.

Al summit erano presenti il premier cinese Li Keqiang e una delegazione di 1000 imprese cinesi, tra cui i giganti statali General Nuclear Power Group, China HuaDian e Sinohydro, e le private Ming Yang Wind Power Group e HuaWei Technologies. La delegazione ha siglato protocolli di intesa per progetti in materia di energia nucleare, ferrovie ad alta velocità e telecomunicazioni, e ha firmato un accordo in materia di energia eolica. Le parti hanno anche concordato la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra l’Ungheria e la Serbia. La Cina ha promesso aiuti alla Romania per lo sviluppo di una rete ferroviaria ad alta velocità. 

Negli ultimi anni il governo cinese ha cercato di espandere in modo aggressivo la propria quota di mercato globale in settori considerati strategici, come la costruzione di ferrovie e porti, le telecomunicazioni, l’agricoltura, le estrazioni minerarie e l’energia. L’ha fatto per lo più con investimenti in mercati periferici o marginali, in stati “paria” come Myanmar e Corea del Nord, o nelle economie emergenti dell’Africa Orientale e America del Sud. La Cina ha attentamente scelto i paesi dove intervenire: si tratta di paesi caratterizzati da un bisogno estremo di investimenti e con mercati relativamente sottosviluppati ma competitivi. In questa ottica anche i paesi dell’Europa Centrale e Orientale sono uno sbocco interessante per gli investimenti cinesi. La regione è ricca di minerali, metalli, prodotti agricoli, potassio. Nel 2012 la Cina ha importato 8,65 milioni di tonnellate di minerali di ferro (per un valore di 2,4 miliardi di dollari) dall’Ucraina, mentre circa un sesto della potassa importata da Pechino proveniva dalla Bielorussia. 

Ma la maggior parte degli investimenti cinesi non ha come fine l’importazione di materie prime. Il governo cinese sta cercando di diventare il leader mondiale della produzione a basso costo di tecnologie ad alto valore aggiunto, come le ferrovie ad alta velocità, le telecomunicazioni e le energie rinnovabili. Come hanno fatto in precedenza il Giappone e la Corea, la Cina vuole espandere la sua presenza economica a livello globale. Questo ha risvolti politici delicati, soprattutto perché la Cina sta lentamente prendendo il posto degli USA come primo consumatore di energia al mondo.

La Cina ha anche cercato di rafforzare la sua posizione in settori tradizionali quali l’elettronica e gli autoveicoli, come dimostrano i successi di Lenovo e di Chery. Tuttavia Pechino punta per lo più a sviluppare tecnologie che rispondano ai bisogni strategici interni (ad esempio fonti rinnovabili di energia e tecnologie anti-inquinamento), ma siano anche sfruttabili sui mercati internazionali relativamente meno competitivi. Anche se hanno come obiettivo primario il profitto, gli investimenti cinesi sono “strategici” in senso lato, perché generano quote di mercato (e di capitale) per le imprese cinesi su mercati globali in crescita, perciò servono i più generali interessi nazionaliPechino sa che potrà avere soltanto un ruolo marginale nelle politiche energetiche dell’Europa Orientale, ma ritiene che sia importante insinuarsi in quel mercato e fare da cuscinetto in una regione in bilico tra varie potenze e in cui, almeno per il momento, ha relativamente poco da perdere. Inoltre il governo cinese può considerare questi investimenti – soprattutto quelli nelle telecomunicazioni e nelle ferrovie ad alta velocità – come passi avanti verso la costruzione di un sistema commerciale eurasiatico ampio e integrato, un corridoio che colleghi progetti − al momento svincolati l’uno dall’altro − nella Cina continentale, nello Xinjiang, in Asia Centrale, Medio Oriente, Russia ed Europa, tutti sotto l’egida cinese (mappa a lato). La costruzione di vie di comunicazione terrestri attraverso l’Eurasia, che la Cina ha definito “via della seta di ferro”, deve superare ostacoli logistici e politici apparentemente insormontabili, soprattutto in zone come il Sud-est asiatico e il Medio Oriente. Ma anche gli ostacoli per la costruzione della Grande Muraglia sembravano insormontabili...

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