In Iran facevo l’infermiera in un ospedale di Teheran. Ricordo molto bene i primi anni dopo la rivoluzione. Sono stati anni orribili. I pasdaran (le Guardie della Rivoluzione, la milizia fedele al leader supremo) battevano le strade di Teheran per scovare, picchiare e arrestare gli oppositori politici. L’ayatollah Khomeini non tollerava opposizione alcuna e usava ogni mezzo a sua disposizione per stanare e annientare i dissidenti.
Lui stesso ripeteva spesso che si trattava di una guerra santa per ripulire l’Iran dagli “infedeli”. Non aveva pietà. La violenza si è abbattuta in modo spaventoso sui simpatizzanti dei Mojahedin del Popolo, che avevano osato sfidare Khomeini organizzando una manifestazione antigovernativa nel giugno del 1981, cui parteciparono migliaia di persone. Allora i pasdaran aprirono il fuoco sulla folla causando numerosi morti e feriti.
Negli anni a seguire in ospedale arrivavano costantemente persone ferite dalle botte dei pasdaran. Facevo tutto ciò che potevo per aiutarli, prestando loro le cure mediche di cui avevano disperato bisogno. Ma un giorno i pasdaran arrivarono in ospedale a prelevare me ed altre colleghe e mi portarono nella prigione di Evin con l’accusa di essere una simpatizzante dei Mojahedin. L’esperienza del carcere fu terribile: i pasdaran torturavano i prigionieri, compresi bambini, donne incinte, anziani. Mi salvai solo perché una collega si sacrificò dichiarandosi colpevole, così ritornai in libertà.
Sapevo di non poter stare al sicuro, e organizzai la fuga. Ero senza soldi, non sapevo come fare, ma ero al corrente che i Mojahedin avevano fondato una base al di là del confine con l’Iraq. Misi insieme lo stretto necessario e, grazie all’aiuto di alcuni amici, riuscii ad attraversare il confine e raggiungere Camp Ashraf. Lì trovai molti rifugiati iraniani con le loro famiglie, e fui accolta calorosamente. Fu una decisione saggia: nell’estate del 1988, alla fine della guerra Iran-Iraq, molti dei miei amici vennero incarcerati, torturati, fucilati e impiccati.
Allo scoppio della prima guerra del Golfo, decidemmo di mandare molti bambini e una parte delle donne in Europa e negli USA, dove sarebbero stati al sicuro. Molti dei nostri figli vivono ancora lì e non li abbiamo più rivisti, salvo qualche caso speciale.
Dopo la seconda guerra del Golfo la situazione è stata per alcuni anni più o meno stabile, ma dopo il 2009 è peggiorata sensibilmente. Dopo il ritiro delle truppe USA siamo stati oggetto di ripetuti attacchi e di terribili violenze. Ricordo che nel 2011, durante uno degli attacchi contro Campo Ashraf, una ragazza che filmava l’attacco è stata colpita a una gamba e ha iniziato a perdere molto sangue. Noi non avevamo sacche di sangue, né ossigeno, perché il governo iracheno non faceva entrare quasi niente ad Ashraf. È morta in meno di 24 ore. Essendo infermiera sapevo che poteva essere salvata, e mi sono sentita impotente. Non ho potuto fare nulla.
Anch’io dopo il 2009 ho iniziato ad avere problemi per via di una malattia alla schiena. Dovevo farmi operare, ma le forze di sicurezza irachene ci impedivano di avere contatti con l’esterno e impedivano anche ai medici di entrare. Abbiamo continuato ad insistere, e alla fine hanno acconsentito. Ma invece di trovarmi un posto nell’ospedale di Baghdad, mi hanno concesso di andare in un piccolo ospedale di provincia che non era attrezzato. Ho subito ben cinque interventi alla schiena nell’arco di poco tempo, tutti sbagliati, e non ho mai avuto l’occasione di parlare con uno specialista. Come se non bastasse, durante uno dei viaggi di ritorno, l’ambulanza ha deliberatamente percorso una strada piena di buche e io sono caduta più e più volte. Alla fine mi è anche venuta una grave infezione. Fortunatamente l’anno scorso sono riuscita a ottenere i documenti per l’espatrio e sono arrivata in Albania, dove sono stata curata.
È stata un’esperienza terribile, che mi ha temprato. Ora so che, qualunque cosa accada, non rinuncerò mai a lottare contro il regime, dopo quello che mi hanno fatto. Non molleremo mai: più cercheranno di schiacciarci, più diventeremo forti. Vogliamo abbattere questo regime medioevale e arretrato, e combatteremo finché non ci riusciremo.”
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