Tra il 2008 e il 2010 Gazprom ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Bulgaria, Serbia, Ungheria, Grecia, Slovenia, Croazia e Austria per la costruzione del gasdotto South Stream. L’Unione Europea ha sempre cercato di opporsi al progetto, perché ritiene violi la legislazione europea antitrust impedendo l’accesso a fornitori diversi da Gazprom. A fine 2013 la Commissione Europea ha affermato che gli stati membri dovrebbero rivedere i loro accordi con la Russia per assicurarsi che siano conformi alle norme europee.
A causa della crisi in Ucraina i rapporti tra Unione Europea e Russia si sono molto deteriorati e la Commissione Europea ha dichiarato di voler posticipare le trattative con Mosca sul gasdotto. La dichiarazione ha suscitato reazioni diverse nei vari paesi interessati dal progetto.
La Bulgaria ha difeso con forza il South Stream, e sostiene che i lavori cominceranno a breve. Essendo il più povero degli stati membri dell’UE, la Bulgaria vorrebbe ridurre la propria dipendenza dal gas russo, ma vede nel South Stream una fonte di investimenti e di occupazione di primaria importanza. Inoltre il gasdotto in suolo bulgaro garantisce che il paese non rimanga privo di gas se vengono tagliate le forniture tramite l’Ucraina. Inoltre Sofia vede nel sostegno al South Stream un mezzo per ottenere da Gazprom prezzi più bassi per il gas. Proprio i prezzi elevati dell’energia sono stati fra le cause principali delle proteste che hanno fatto cadere il precedente governo a inizio 2013.
Anche il governo austriaco è di nuovo interessato al South Stream. L’Austria importa circa l’80% del suo fabbisogno di energia, per lo più dalla Russia. Nel 2010 Vienna ha firmato un protocollo d’intesa con Gazprom. Poi però ha appoggiato il Nabucco West, un gasdotto che doveva portare il gas dell’Azerbaigian dal confine tra Turchia e Bulgaria fino all’Austria. Ma ora il Nabucco West è stato accantonato in favore del gasdotto Trans-Adriatico, perciò Vienna è tornata a sostenere il South Stream. Gazprom e l’austriaca OMV stanno discutendo la possibilità di costruire un tratto aggiuntivo del South Stream che arrivi in Austria.
Le mosse di alcuni membri dell’UE sono in contrasto con le richieste delle istituzioni europee. Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione non vincolante che afferma che il gasdotto non dovrebbe essere costruito. La Commissione Europea vuole usare la minaccia di bloccare il South Stream come arma nei negoziati con Mosca circa il futuro dell’Ucraina, ma se i paesi membri gliela tolgono, non ha più armi.
Nel lungo periodo i membri dell’UE potrebbero ridurre la dipendenza dal gas russo scegliendo altre fonti di energia, o costruendo terminal per usare il gas naturale liquefatto. Ma ci vorranno almeno dieci anni, per bene che vada. Germania e Italia, i maggiori importatori di gas russo, hanno accordi bilaterali a lunga scadenza con la Russia. Bulgaria, Romania, Ungheria, Grecia e altri hanno società miste con Gazprom. Ogni paese difende i propri interessi e questo mette la Commissione in una posizione difficile. Una posizione fermamente contraria al South Stream da parte delle istituzioni europee rischia di mettere i paesi coinvolti nel progetto contro Bruxelles. Per ora le discussioni proseguono.
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