Ecco l’opinione di Robert Kaplan sul ruolo degli USA nel mantenere la stabilità globale. Possiamo essere d’accordo oppure no, ma non possiamo fare a meno di interrogarci su come mantenere gli equilibri e prevenire i conflitti nel nostro continente, senza contare sugli USA. Se non riusciamo a fare gli Stati Uniti d’Europa, legittimati dal voto popolare, dotati di una Legge Fondamentale comune, di un esercito comune, della possibilità di trasferire ricchezza dalle zone ricche alle zone povere d’Europa, è ovvio che prima o poi torneremo a conoscere la guerra in casa nostra, forse di nuovo la guerra fra Europei. Speriamo di non perdere il treno della storia…
Nonostante gli scontri in Ucraina, le sanguinose guerre in Medio Oriente e le dispute nei mari dell’Estremo Oriente, persiste il mito di un mondo governato benevolmente da istituzioni e accordi multilaterali e da mercati finanziari internazionali che eludono la geopolitica. Queste convinzioni rischiano di creare l’illusione di un inesorabile progresso, rendendoci ciechi ai pericoli futuri. Credere nell’inevitabilità del progresso è segno di un pericoloso ottimismo deterministico; proprio il genere di atteggiamento che rese il mondo meno preparato alle due guerre mondiali del XX secolo.
Finché il mondo sarà governato da uomini e donne imperfetti – alcuni dei quali malvagi, altri ingenui, altri competenti ma incapaci di evitare le dispute con leader che semplicemente hanno interessi personali e nazionali diversi – le relazioni internazionali saranno caratterizzate dalla conflittualità. Finché gli esseri umani vivranno su questa terra ci saranno dispute territoriali, indipendentemente dalla questione dell’accesso alle risorse, poiché il territorio costituisce il sacro suolo fondamentale per definire l’identità del gruppo. Questa situazione sarà aggravata dalla crescita della popolazione mondiale che, secondo le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, nel 2050 supererà i 9 miliardi di persone. Gran parte di questa crescita avverrà nei paesi più poveri e meno stabili, quelli già più inclini alla guerra. La geografia si appresta a essere più importante che mai e la tecnologia rende la geopolitica sempre più “claustrofobica”, poiché gli eventi che hanno luogo in una parte del mondo possono influenzare come mai prima d’ora quanto accade altrove.
A quanto pare anche il XXI secolo sarà caratterizzato da conflitti che hanno radici geografiche. L’Europa non ha intenzione di adottare sanzioni severe contro la Russia perché dipende troppo dalla sua rete di gasdotti, che sono un elemento geografico in senso stretto. La percezione della debolezza dell’Occidente non può far altro che rendere i Cinesi più audaci nel rivendicare la sovranità di parti del Mar Cinese Meridionale e Orientale. I Giapponesi – che disputano alla Cina parti del mar Cinese Orientale − sono coscienti che una debole risposta dell’Occidente alla crisi in Crimea può essere un pericolo.
L’abbattimento delle distanze provocato dal progresso della tecnologia militare ha trascinato Cina e India in una competizione strategica senza precedenti: i satelliti spaziali indiani spiano i campi d’aviazione cinesi, i jet da combattimento cinesi possono includere l’India nel loro raggio d’azione, i missili indiani possono colpire città cinesi e nell’Oceano Indiano sono presenti navi da guerra cinesi. Il mondo si è ristretto proprio mentre le enormi città afflitte dalla povertà sono in espansione e internet e le nuove tecnologie stanno ridefinendo in forme ancora più divisive e rigide i gruppi identitari – siano essi tribali come in Africa, settari come in Medio oriente o etnico-nazionalisti come in Estremo Oriente.
Nuove istituzioni e organizzazioni mondiali e regionali, così come la crescita e le enormi opportunità offerte dai mercati finanziari, sono l’altra faccia − quella positiva – della medaglia. Ma occorre interrogarsi su come abbiano raggiunto una tale importanza e che cosa li sostenga davvero. La risposta è quella che molti membri dell’élite politica e finanziaria mondiale non vogliono sentire: il potere americano. Una certa stabilità e una civiltà globale senza precedenti si sono potute sviluppare soltanto grazie al fatto che da decenni gli Americani acconsentono a impiegare parte della prosperità della maggiore economia mondiale per mantenere la sicurezza globale. Sono le flotte navali e aeree americane a garantire la stabilità nei luoghi chiave del pianeta. La pace in Estremo Oriente è assicurata dall’indiscutibile superiorità della Settima Flotta americana (che ha base in Giappone, ndt). Lo straordinario boom economico che l’Asia conobbe negli ultimi decenni della Guerra Fredda non sarebbe stato nemmeno lontanamente immaginabile se non ci fossero state le forze armate statunitensi a garantire la sicurezza del continente. Senza la Settima Flotta le probabilità di una guerra tra Cina e Giappone aumenterebbero drammaticamente, trascinando a picco anche i mercati finanziari. Ampie aree del Medio Oriente sono nel caos, ma la potenza marittima e aerea americana impedisce che scoppi la guerra tra Iran e Arabia Saudita e garantisce la sicurezza di Israele e Giordania. Senza la presenza militare americana, l’Europa sarebbe dominata più dalla Russia che dall’Unione Europea e l’indipendenza dei paesi Baltici, della Polonia e della Romania sarebbe a rischio.
Gli Stati Uniti non sono un impero tradizionale perché non hanno colonie, ma il loro esercito e il potere diplomatico che lo accompagna sono dispiegati nel mondo in maniera imperiale. La marina militare americana si definisce “una forza globale per il bene”. Senza una simile ambizione, che induce la marina e l’aeronautica americana a pattugliare il mondo intero, questo si ridurrebbe alla somma delle sue parti: il Giappone e la Cina, così come la Cina e l’India, pericolosamente ai ferri corti e sull’orlo del conflitto; il Medio Oriente in balia della guerra e del caos; l’Europa resa impotente dal revanscismo russo; e l’Africa in preda a un caos ancora peggiore di quello che già conosce. Le potenze regionali possono agire autonomamente in maniera razionale ma, se non esiste un egemone mondiale di qualche tipo, il bilanciamento tra le potenze a livello locale diventa molto più pericoloso.
Non è così azzardato sostenere che, senza la preponderanza militare americana, Europa ed Estremo Oriente vivrebbero scenari simili a quello del 1914. La diffusione della democrazia, che molti celebrano, sarebbe impossibile senza la presenza mondiale dell’esercito americano. L’inizio del XXI secolo è nettamente diverso da quello del XX o del XIX secolo; non tanto per un cambiamento della natura umana o della tecnologia, quanto perché gli Stati Uniti − con tutti i loro limiti e i loro errori − continuano a essere l’incontrastata potenza dal punto di vista geopolitico. Raramente le grandi potenze sono apprezzate dai contemporanei, poiché l’ordine benevolo che assicurano non viene riconosciuto da quelli che più ne beneficiano. L’esistenza di una civiltà globale – e del sistema di norme che ne deriva – è assicurata in gran parte dal fatto che l’esercito americano continui a essere forte e dispiegato su larga scala. Ma questa situazione potrebbe non durare per sempre e non può considerarsi scontata.
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