Il 23 maggio l’ENI ha firmato un accordo con la russa Gazprom, che per la prima volta non ancora il prezzo del gas a quello del petrolio, ma al mercato spot, cioè ai prezzi del mercato di pronta consegna del gas stesso. La Russia si è battuta a lungo per non cambiare una situazione per lei molto conveniente; ma la concorrenza crescente − specialmente la prospettiva che entro qualche anno paesi come Australia, Mozambico e Stati Uniti diventino fornitori mondiali di gas naturale liquefatto – costringe Gazprom ad allineare sempre più i prezzi del gas ai valori di mercato.
Al contrario dei mercati del petrolio, quelli del gas hanno avuto in passato dimensione regionale, non globale. Trasportare gas a distanza richiede o che il gas sia liquefatto per il trasporto e poi rigassificato, che è un processo molto costoso, oppure che vengano costruite lunghe condutture fisse fra luogo di origine e luogo di consegna.
Un tempo il gas naturale era un sottoprodotto dell’estrazione del petrolio, e per la maggior parte veniva bruciato immediatamente, invece di essere venduto sul mercato. Quando veniva venduto, non era chiaro come stabilirne il prezzo, a causa della mancanza di concorrenza. Di conseguenza in molti contratti il prezzo del gas veniva indicizzato sul prezzo del petrolio, basandosi sul suo contenuto energetico, che è circa un quinto di quello del petrolio greggio. In Russia e in molti altri mercati del gas, Asia compresa, si è utilizzato questo sistema per cinquant’anni. Negli ultimi anni il mercato del gas naturale è cresciuto enormemente e continuerà a farlo, mentre quello del petrolio è rimasto piuttosto immobile. Ora il gas si estrae indipendentemente dal petrolio, è abbondante, e il suo prezzo continua a diminuire. I tradizionali esportatori di gas, come la Russia o il Qatar, continueranno finché possibile ad ancorare il prezzo del gas a quello del petrolio, ma prima o poi dovranno arrendersi e vendere ai valori di mercato.
In Europa ci sono vari mercati che si approvvigionano a un mix di fonti diverse e a prezzo diverso. Come si vede dalla mappa a lato, non ci sono mercati del gas nell’Europa dell’est, perché l’unico fornitore esistente è la Russia. Si tratta di paesi totalmente dipendenti da Mosca, per ora.
Il mercato a prezzo più basso è quello attorno al Mare del Nord − Norvegia, Gran Bretagna, Danimarca − dove la competizione fra varie compagnie private è molto alta.
Il mercato che comprende la Germania e il nord della Francia non ha un unico sistema di determinazione dei prezzi, né un unico fornitore: vi si offrono sia il gas naturale liquefatto sia le riserve del Mare del Nord, e anche le forniture russe che arrivano attraverso il Nord Stream e altri gasdotti. Per Mosca il mercato tedesco è indispensabile e la Germania resta il principale importatore europeo di gas russo.
Nell’Europa meridionale e centrale, dove i grandi mercati si sono sviluppati più lentamente, confluiscono flussi provenienti da fonti diverse, con prezzi diversi. Algeria e Libia sono i due principali esportatori di gas nel sud Europa, con contratti a lungo termine che sono ancorati ai prezzi del petrolio. Perciò il costo medio del gas per l’Italia è oggi generalmente più alto di un dollaro per milione di unità termali rispetto ai prezzi del mercato del Mare del Nord. L’Italia consuma dai 70 ai 75 miliardi di metri cubi di gas ogni anno e di questi meno di 30 miliardi vengono dalla produzione interna o da fonti varie. Tutto il rimanente arriva da Russia, Algeria e Libia, con contratti a lungo termine; ciò significa che, anche se la Russia liberalizza il prezzo del gas, il costo per l’Italia non si ridurrà in modo significativo finché non si rinegozieranno anche i contratti con i produttori del Maghreb.
In cambio dell’accettazione di prezzi inferiori, Mosca vuole l’appoggio italiano per il progetto del gasdotto South Stream, cui Bruxelles invece ora si oppone. Il Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi ha appena sottolineato in un discorso l’importanza strategica del South Stream e sostenuto che si dovrebbe approvare velocemente la sua costruzione, mentre la SAIPEM (Società Anonima Italiana Perforazioni e Montaggi, parte del gruppo ENI) è appena entrata nel consorzio per realizzare l’opera.
La Russia rinegozia i prezzi dei contratti del gas ogni tre anni, se non intervengono variazioni nei volumi. La rinegoziazione più interessante sarà quella con il grande mercato tedesco. La E.ON, la più grande azienda energetica tedesca, ha un contratto con Gazprom a prezzi ancora legati al petrolio, ma importa 20 miliardi di metri cubi all’anno e avrà sicuramente la meglio nelle negoziazioni.
Ad eccezione forse del Qatar e dei paesi dell’Africa settentrionale la Russia può battere chiunque sul prezzo del gas da esportare nell’Europa continentale. Potrebbe far condizioni più vantaggiose per evitare che si investa nelle infrastrutture necessarie a importare gas naturale liquefatto da altri paesi.
La liberalizzazione dei mercati del gas è importante per una politica energetica comune in Europa. Il primo ministro polacco Donald Tusk ha proposto un’unione energetica, che permetta all’Unione Europea di negoziare collettivamente con la Russia i prezzi dell’energia per tutta Europa, ma si tratta di una proposta politicamente complicata e probabilmente impossibile da realizzare. Ora che Mosca inizia ad accettare prezzi allineati a quelli di mercato, l’ipotesi di un’unione energetica europea si allontana ulteriormente.
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