Le rivalità internazionali fra Iran, Turchia, Russia, Europa e Stati Uniti tendono ad accendere e manipolare vecchi conflitti interetnici nelle zone marginali di confine fra le grandi regioni: in Ucraina e in Palestina e – prossimamente – in Moldavia, in Libano e nel Caucaso. Il paese chiave nel Caucaso è oggi l’Azerbaigian, la cui enclave del NagornoKarabakh è stata oggetto di conflitti sin dal 1988, e potrebbe facilmente tornare a esserlo.
Nonostante le dimensioni ridotte (circa 4400 chilometri quadrati) e la popolazione poco numerosa (meno di 150 000 persone), la regione del Nagorno-Karabakh è da sempre eterogenea dal punto di vista etnico e religioso per la conformazione del suo territorio e la posizione al crocevia tra continenti diversi. È la stessa situazione di Libano e Israele-Palestina, l’altra piccola fetta di territorio che è da millenni crocevia di popolazioni e civiltà, per la sua posizione geografica (mappa a lato).
Breve storia del NagorKarabakh
Il Nagorno-Karabakh è una regione che l’Impero Ottomano e quello Persiano si sono contesi per secoli, come gran parte del resto del Caucaso. L’ascesa dell’Impero Russo a potenza regionale culminò con l’annessione del Nagorno-Karabakh alla Russia, all’inizio del XIX secolo. L’Impero Russo fu l’incontrastata potenza regionale fino a quando non fu indebolita dalla Rivoluzione del 1905 e poi da quella del 1917. Seguì un periodo di grandi turbolenze per il Caucaso, fino al 1922, quando divenne parte dell’Unione Sovietica con il nome di Repubblica Socialista Sovietica Federata Transcaucasica. Nel 1923 venne divisa in tre repubbliche separate: Georgia, Armenia e Azerbaigian. Il Nagorno-Karabakh fu posto sotto la giurisdizione della Repubblica Sovietica Azera dall’allora Commissario del Popolo per le Nazionalità Josef Stalin. Questa ridefinizione dei confini − volta espressamente a suscitare dispute territoriali tra le Repubbliche in modo da mantenerle deboli – pose le basi per il conflitto del Nagorno-Karabakh, proprio come la divisione di territori tra Ebrei e Arabi in Palestina, sotto gli auspici dell’Inghilterra, nello stesso periodo, pose le basi per il successivo interminabile conflitto.
Il Nagorno-Karabakh divenne oggetto di contesa già prima del crollo dell’Unione Sovietica. A partire dal febbraio 1988 nella capitale armena di Erevan si svolsero numerose manifestazioni pubbliche a sostegno dell’annessione della maggioranza armena del Nagorno-Karabakh nella Repubblica Sovietica Armena. Il Comitato Regionale del Partito Comunista del Nagorno-Karabakh indisse un referendum non ufficiale per chiedere l’annessione all’Armenia. L’Azerbaigian fece appello a Mosca per condannare l’iniziativa ma, visto che la risposta di Mosca si fece attendere e non fu quella auspicata da Baku, in Azerbaigian scoppiarono violenze e pulizie etniche contro gli Armeni e in Armenia successe altrettanto contro gli Azeri. La rapida escalation delle violenze sfociò in uno scontro militare su larga scala in cui le forze armene sconfissero quelle azere, conducendo di fatto all’indipendenza del Nagorno-Karabakh e al controllo armeno di molte province limitrofe. Nel 1994, con la mediazione di attori esterni come Russia, Turchia e Iran, si raggiunse un cessate-il-fuoco che pose fine al conflitto. L’OSCE promosse un processo di pace co-presieduto – oltre che da Azerbaigian e Armenia − da Russia, Stati Uniti e Francia ma, vent’anni e innumerevoli incontri dopo, non si sono ancora fatti progressi tangibili verso una soluzione diplomatica del conflitto. Proprio come in Palestina e Israele, l’impossibilità di giungere a un accordo è determinata innanzitutto da motivazioni geopolitiche.
Gli attori in gioco
La prima e più importante ragione è la partecipazione delle potenze regionali al conflitto e l’influenza che hanno su di esso. Russia, Turchia e Iran si sono contesi il Caucaso per secoli e continuano a farlo. La partecipazione di questi paesi, con i loro interessi complessi e spesso in competizione, ha contribuito in maniera determinante a protrarre la disputa sul Nagorno-Karabakh. Durante il conflitto degli anni ’80, ognuno di questi paesi ha giocato un ruolo complicato e talvolta contraddittorio. Sia l’Armenia che l’Azerbaigian impiegavano mercenari russi (molti Ceceni), turchi e iraniani, che combattevano in entrambi gli schieramenti. Sia la Turchia che l’Iran fornivano personale per l’addestramento dell’esercito azero, mentre la Russia forniva armi, rifornimenti e addestramento a entrambi. Ma quando crollò l’Unione Sovietica e nacque la Federazione Russa, Mosca sostenne principalmente l’Armenia. Turchia e Iran, invece, intensificarono il loro sostegno all’Azerbaigian. La Turchia chiuse la frontiera con l’Armenia e l’Iran istituì all’interno dei suoi confini campi profughi per decine di migliaia di rifugiati azeri. Quando l’Armenia prese il Nagorno-Karabakh e le province limitrofe, Erevan dovette far fronte alle crescenti pressioni di Turchia e Iran. Nel 1994 la Russia contribuì a negoziare il cessate-il-fuoco, ma intanto gli Armeni avevano sostanzialmente vinto la guerra.
Da allora il conflitto si è spostato sul piano diplomatico e il Gruppo di Minsk, appositamente istituito dall’OSCE, rappresenta il canale ufficiale dei negoziati tra Azerbaigian e Armenia per il Nagorno-Karabakh. Dal 1997 prendono parte ai negoziati anche gli Stati Uniti. Allora il presidente armeno Levon Ter-Petrosyan era favorevole alla proposta dell’OSCE di un accordo “graduale”, che avrebbe rimandato la definizione dello status del Nagorno-Karabakh a un successivo ciclo di trattative. Anche in questo c’è un parallelismo con le trattative di pace del 1992 fra Israeliani e Palestinesi, sotto gli auspici degli Stati Uniti. Ma la proposta fu piuttosto impopolare in Armenia e portò alle dimissioni di Ter-Petronyan. Da allora, Armenia e Azerbaigian hanno assunto un atteggiamento sempre più rigido.
Gli ultimi due Presidenti dell’Armenia erano originari del Nagorno-Karabakh e avevano combattuto contro gli Azeri. I negoziati proseguono, ma con scarsi risultati; intanto continuano a verificarsi sporadici attacchi e le due parti non riescono ad accordarsi neanche sui punti imprescindibili per instaurare un dialogo proficuo – proprio come nel caso di Israele e Palestina.
La situazione regionale è mutata nel 2009, quando la Turchia ha cercato di normalizzare i legami con l’Armenia in cambio di un accordo tra Erevan e Baku sulla questione del Nagorno-Karabakh. In realtà, la mossa della Turchia non ha fatto che creare uno strappo tra Ankara e Baku, favorendo la Russia, perché l’Azerbaigian si è allontanato dalla Turchia, l’Armenia ancora di più e le richieste turche sono cadute nel vuoto. Nel frattempo l'Iran si è irritato con l’Azerbaigian per i rapporti sempre più stretti tra Baku e Israele e ha cercato un riavvicinamento con l’Armenia.
Negli ultimi anni la Russia si è avvicinata all’Armenia dal punto di vista strategico, anche grazie alla presenza di 5000 uomini nel territorio armeno; è inoltre presente militarmente nella vicina Georgia, nei territori separatisti di Abkhazia e Ossezia del Sud. L'unico paese del Caucaso rimasto fuori dall’orbita russa è l’Azerbaigian, che è riuscito a sfruttare le sue ragguardevoli risorse energetiche per perseguire la sua strategia di equilibrio di potenza nella regione. Ma il sostegno russo all’Armenia nella questione del Nagorno-Karabakh rappresenta una grave vulnerabilità per l’Azerbaigian, che non riuscirebbe a sostenere la pressione delle truppe russe se il conflitto dovesse riaccendersi.
La situazione oggi
Ora che la Russia deve far fronte a tensioni in quella che era la periferia dell’Unione Sovietica in Europa, Azerbaigian potrebbe approfittarne per cercare di rafforzare la propria posizione, con l’appoggio dellEuropa e della Turchia, entrambe interessate ai suoi idrocarburi e al suo gas. Anche i rapporti con gli USA sono migliorati: nonostante ufficialmente sia in vigore un embargo sulla fornitura di armi all’Azerbaigian, gli Stati Uniti l’aggirano apertamente, facendo passare le forniture di armi attraverso ditte israeliane.
Nelle ultime settimane i funzionari russi hanno tenuto numerosi incontri con quelli azeri e armeni sulla questione, mentre la Turchia sta rinnovando gli sforzi per migliorare i rapporti sia con l’Armenia che con l’Azerbaigian, col sostegno degli Stati Uniti. Iran, troppo impegnato sugli altri fronti, è stato sino ad ora distratto – ma ci si aspetta che torni a mettere lo zampino nella regione, fomentando disordini per evitare che si formi un allineamento di interessi che l’escluda dal gioco.
Per questo c’è da aspettarsi che presto l’Azerbaigian e il Nagorno Karabakh tornino a fare notizia.
I vostri commenti
Per questo articolo non sono presenti commenti.
Lascia un commento
Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!
Accedi
Non sei ancora registrato?
Registrati