Il governo del Sudan ha ordinato la chiusura dell’ufficio culturale iraniano a Khartoum il primo settembre scorso, e di tutti gli uffici sussidiari nel Paese, e ha espulso l’attaché culturale. Negli ultimi quindici anni l’Iran è stato amico e finanziatore del regime sudanese, e in cambio il Sudan ha agevolato il contrabbando iraniano di armi e di persone verso Gaza e il Sinai, attraverso l’Egitto (mappa in alto). L’improvviso voltafaccia, ufficialmente dovuto al desiderio di evitare il proselitismo sciita, è probabilmente frutto delle pressioni congiunte dell’Arabia Saudita e dell’Egitto. Lo scorso luglio, durante la guerra a Gaza, il presidente egiziano al-Sisi, impegnato nell’elaborare la proposta di tregua fra Hamas e Israele, ha fatto un’improvvisa e anomala visita al presidente sudanese Bashir. È probabile che Israele abbia accettato la tregua perché Egitto e Arabia Saudita si sono fatti garanti della cessazione del flusso di armi iraniane nella Striscia. È probabile che il Sudan abbia accettato di interrompere i traffici dell’Iran sia per il timore di ritorsioni da parte dell’Egitto, sia per la promessa saudita di sostegno finanziario.
Probabilmente il flusso di armi e di miliziani iraniani verso Gaza e verso il Sinai subirà, se non un arresto totale, almeno un forte rallentamento.
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