Unione Europea:
la Francia modifica gli equilibri

02/10/2014

Il governo francese di François Hollande negli ultimi sondaggi ha un tasso di approvazione da parte degli elettori del 13%. Fra Hollande e Marine Le Pen oggi i Francesi sceglierebbero la seconda come presidente. In questo clima Hollande usa la debolezza come una carta da giocare per accelerare le decisioni parlamentari e per trattare in Europa: da un lato cerca di far approvare tagli per 50 miliardi al bilancio dello stato da un parlamento a maggioranza socialista che non vorrebbe farlo, ma non può permettersi di aprire una crisi che porterebbe a nuove elezioni in cui i socialisti sarebbero perdenti. D’altro lato Hollande dice apertamente all’Europa – principalmente alla Germania – che la Francia non può far di più, quindi non può rispettare le scadenze del Fiscal Pact, e non lo farà. L’Europa potrebbe imporre sanzioni alla Francia, ma non lo farà: si può far la voce grossa con 8 milioni di Greci in periferia, non con 65 milioni di Francesi nel cuore del continente, già propensi a sostenere partiti di sentimenti anti-europei.

La mossa della Francia apre la via anche all’Italia e agli altri paesi dell’Unione per dilazionare i termini del Fiscal Pact. È da notare che l’annuncio di Hollande che la Francia non rispetterà le scadenze previste, ma le dilazionerà fino al 2017, viene fatto in modo unilaterale, senza parlare di Europa né di altri paesi europei. Così assume un tono di sfida che appaga i sentimenti nazionalisti francesi e che può fare della Francia il paladino dei sentimenti di indipendenza nazionale degli altri paesi, in funzione anti-tedesca. Ora al Parlamento europeo e al Consiglio europeo i voti a favore di una politica fiscale meno restrittiva, o per lo meno di una dilazione delle scadenze del Fiscal Compact, dovrebbero essere maggioranza.

Il prossimo 14 ottobre è prevista l’apertura delle udienze da parte della Corte di Giustizia Europea sul caso ‘OMT’, Outright Monetary Transactions, cioè sulla legalità del comportamento del presidente della BCE Draghi nel promettere – e parzialmente intraprendere − interventi di politica monetaria per evitare la bancarotta di Italia e Spagna nel 2012. Nel 2013 un gruppo di costituzionalisti ed economisti delle università tedesche raccolse 35000 firme per una petizione alla Corte Costituzionale Tedesca che chiede di dichiarare incostituzionale l’accettazione da parte della Germania di qualunque intervento della BCE in favore degli stati europei. A febbraio 2014 la Corte tedesca dichiarò che la BCE aveva effettivamente oltrepassato i limiti previsti dai trattati, perciò la questione veniva demandata alla Corte di Giustizia Europea, competente in questi casi. La Corte costituzionale tedesca suggerì anche possibili soluzioni: limitare l’intervento della BCE ai debiti contratti dagli stati prima di una certa data, limitare la cifra massima che la BCE avrebbe potuto usare per questi interventi. La decisione della Corte, prevista entro la fine del 2015, sarà fondamentale per definire i limiti dei poteri della BCE e anche i limiti della sua indipendenza reale dalla guida politica d’Europa, cioè dal Consiglio Europeo.  

Nel frattempo in Germania il partito nazionalista anti-europeo AFD (Alternativa per la Germania), fondato a inizio 2013, ha guadagnato consensi, raggiungendo il 12.2% dei voti nelle elezioni regionali dell’estate 2014. La coalizione guidata dalla Merkel deve tenerne conto. Sino ad ora la Merkel è stata abilissima nel coniugare discorsi apertamente critici dei paesi ‘spendaccioni’ d’Europa con l’accettazione degli interventi di salvataggio o di sostegno a questi stessi paesi. La situazione politica in Germania però si sta facendo più difficile. Il 25 settembre il ministro delle finanze Wolfgang Schauble ha dichiarato in un discorso in Parlamento di ritenere inaccettabile la decisione di Draghi di concedere finanziamenti alle banche in cambio di ABS, Asset Backed Securities, ossia derivati emessi dalle banche stesse, e che sono anche inaccettabili operazioni di quantitative easing da parte della BCE, cioè l’aumento della quantità di moneta in circolazione. La posizione tedesca pare farsi più dura.

È la prima volta che i due paesi chiave dell’Unione Europea – Francia e Germania – sostengono apertamente politiche contrastanti. È anche la prima volta che l’Unione Europea ha nel Parlamento Europeo un’istituzione politica dotata di potere, molto militato ma reale. Sino ad ora il Parlamento Europeo non aveva sostanzialmente nessun potere, il potere era totalmente nelle mani dei governi e della Commissione scelta dai governi stessi. Ora l’Unione Europea è messa alla prova della politica e della storia: saremo capaci di costruire l’unione politica?

Ora è necessario che i cittadini d’Europa conoscano e capiscano bene la composizione e i poteri delle principali istituzioni europee – che sono ben poco conosciute dalla massa delle popolazioni − e tramite quali canali è possibile influenzarne la politica. Crediamo di fare cosa utile nel pubblicare brevi schede informative su questi argomenti. 

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