L’Europa prepara un nuovo sistema, ma spende in modo irresponsabile
Parte II

24/10/2014

La Comunità Europea nel frattempo aveva raggiunto l’accordo per legare le principali valute in un sistema di cambi semi-rigidi: il primo passo nel processo di convergenza delle monete e di integrazione delle economie europee, che avrebbe poi portato alla creazione dell’Euro. 

Nel 1979 anche l’Italia entrò nel Sistema Monetario Europeo (SME).

Lo scopo del sistema monetario europeo era far sì che i governi e le banche centrali adottassero una disciplina monetaria, fiscale e di spesa pubblica tale da rallentare l’inflazione, che aveva toccato picchi del 18% annuo, soprattutto in Italia, ma anche in altri paesi, sotto la spinta della spesa pubblica.

La spesa pubblica, e quindi il debito dello stato, aumentarono grandemente dopo il 1975 in molti paesi occidentali. In Italia già nel 1986 superò il livello del 90% del Prodotto Interno Lordo, e l’economia del paese iniziò a essere soffocata dai debiti.

La spesa pubblica era mirata alla creazione della ‘società del benessere’ o ‘welfare state’. Per mantenere la pace sociale in periodo di terrorismo, scioperi e rivolte frequenti, che rischiavano di trascinare l’Italia nella guerra civile, già dai primi anni ‘70 i governi italiani aumentarono stipendi e pensioni, assunsero persone, salvarono aziende pubbliche e private che perdevano costantemente denaro, pur di non licenziare e non lasciar licenziare nessuno.

In questa tabella si vede come andò crescendo il debito pubblico: lo stato aveva un deficit sempre crescente, cioè spendeva più di quanto incassava, e il totale dei debiti accumulati diventava sempre più alto rispetto alla produzione di ricchezza.

Scrive il professor Alberto Cova:

“ […] tra il 1970’ e il 1979 la spesa della Pubblica Amministrazione e delle aziende autonome si era elevata dal 32 al 47% del PIL. […] in dieci anni l’amministrazione dello stato aveva assorbito circa 900.000 persone senza che la qualità dei servizi fosse aumentata granché”.

Inoltre il desiderio di mantenere la piena occupazione e di garantire a tutti stipendi sempre crescenti indusse lo stato a ‘salvare’ con denaro pubblico aziende in crisi, sia pubbliche sia private, che non erano più competitive.

Per riequilibrare i conti i governi aumentarono costantemente le tasse, come si vede in questo grafico. L‘incidenza delle tasse passò dal 30% del PIL nel 1976 al 50% nel 1996, ma la spesa pubblica crebbe ancora di più. Non fu questione di partito politico: tutti i governi seguirono la stessa via, o per convinzione o per necessità, fino a metà degli anni ’90.

Per finanziare la spesa lo stato vendeva Buoni del Tesoro ai risparmiatori con interessi molto allettanti: anche più del 20% annuo. Dopo tre mesi i BOT scadevano, lo stato doveva restituire i soldi ai risparmiatori, per poterlo fare vendeva altri BOT a tre mesi, e così via… Questa politica alimentava un circolo vizioso. Lo stato dava più soldi agli Italiani sotto forma di stipendi, pensioni e sussidi. Questi soldi aumentavano il volume del PIL, cioè della ricchezza prodotta all’interno. Così i risparmi degli Italiani crescevano. Ma per poter spendere tanto lo stato chiedeva agli Italiani di imprestargli i loro risparmi, e perché lo facessero pagava un alto tasso di interesse. Gli Italiani diventavano ancora più ricchi ed erano contenti. Tutto pareva funzionare, ma…il debito di stato dell’Italia è il debito degli Italiani. Prima o poi gli Italiani lo debbono pagare.

La politica dell’Italia fu prolungata troppo a lungo, mancò il coraggio di fare le riforme necessarie per non aumentare il debito. Ma anche altri stati europei, gli USA e il Giappone seguirono la politica dell’aumento del debito pubblico. Sembrava che nessuno ne pagasse il prezzo, anche perché, mentre la produzione di beni e servizi cresceva poco, il denaro messo in circolazione dal debito e quello che arrivava in occidente da ogni parte del mondo, alla ricerca di guadagni, andava ad alimentare la corsa ai prodotti finanziari, gonfiandone il volume. In questo grafico la percentuale dei valori finanziari, cioè ‘valori di carta’, che costituiscono il PIL degli USA, fra il 1975 e il 2000 subisce un’impennata da capogiro.

Perciò nelle statistiche l’economia sembrava andare a gonfie vele: fra il 1975 e il 1990 il PIL salì velocemente, anche in Italia, ma la produzione manifatturiera, quella che crea impiego e produce beni reali, negli anni ‘80 cresceva poco.

Nel 1989 crollò il muro di Berlino, poi l’Unione Sovietica si dissolse: finì la Guerra Fredda. Le due parti della Germania, le due parti del mondo, si riunirono in un grande abbraccio. La gioia fu grande. Ora il ricco occidente a economia di mercato doveva aiutare gli altri a ricostruire le loro economie, distrutte dalla mancanza di libertà.

Denaro facile e rischio morale (minuto 6:38)

Ma l’Occidente vincitore presentava alcune debolezze strutturali che ne minavano la solidità, anche se le crepe non parevano gravi: la corruzione da denaro facile, la corrosione dell’economia reale da parte dell’economia finanziaria.

Il rischio morale, o ‘moral hazard’, connesso alla facilità di spesa pubblica, è costantemente al centro del dibattito politico negli Stati Uniti. Se chi governa ed amministra i beni dello stato pensa che si possa stampar denaro, o far debiti, senza conseguenze negative per nessuno, lo farà, avviando una cascata di conseguenze sociali e politiche negative:

·       i cittadini elettori imparano presto che i politici di turno concedono di più ai gruppi che protestano più forte, che creano disordini.

·       I politici si creano una rete di amici, collaboratori e consulenti fidati, attraverso cui costruire reti di ‘clienti’, cioè cittadini che sanno di dovere fedeltà a un certo gruppo politico, perché è quello che procura loro sussidi, o posti di lavoro in impieghi pubblici, o commesse e consulenze in lavori pubblici.

·       Per moltiplicare gli impieghi pubblici da dare ai ‘clienti’, si moltiplicano le burocrazie, le dichiarazioni da sottoscrivere, i moduli da compilare, i permessi da concedere, finché i cittadini e le aziende soffocano sotto il peso della burocrazia.

·       A ogni gradino burocratico si creano possibilità di intralcio e di ricatto, perciò di corruzione per concedere autorizzazioni, o di ruberie sugli appalti. Così la corruzione si diffonde in tutto il corpo sociale.

·       In mezzo a questa cascata di denaro che pare non costare nulla a nessuno, proprio i politici dovrebbero rimanere a mani vuote, anziché arricchire se stessi, la propria famiglia e gli amici?  Quando la politica diventa la via per arricchirsi e distribuire favori, in politica entrano le persone che vogliono questo, non i più capaci né i più onesti. Si produce una selezione al contrario, per cui hanno successo i politici che promuovono la corruzione degli apparati dello stato e degli enti pubblici. Basta aprire qualunque quotidiano e gli esempi si trovano, ogni giorno…

La finanziarizzazione dell’economia e l’illusione della crescita (minuto 9:16)

L’altra crepa nel sistema occidentale, che già incominciava a vedersi nei primi anni ‘90, era la finanziarizzazione dell’economia. Detto in parole povere, significa un sistema economico che, anziché aumentare e migliorare la produzione di beni e servizi, ne gonfia il valore di mercato, anche usando dei trucchi. I trucchi sono facilmente possibili usando prodotti finanziari sintetici, come i fondi ed i derivati, di cui non è facile capire e valutare la realtà sottostante.

 I prodotti finanziari direttamente legati all’economia reale sono

- i prestiti, in tutte le loro forme, incluse le obbligazioni ed i mutui;

- le azioni, cioè la compartecipazione alla proprietà di aziende, ai loro utili e alle loro perdite.   Questi titoli danno ai possessori il diritto di far mettere in vendita i beni reali del debitore, in caso di insolvenza.

I prodotti finanziari sintetici più usati sono i derivati e i fondi.

I derivati sono scommesse : si scommette che il prezzo o l’insieme dei prezzi di certi prodotti o di certi beni o titoli salga o scenda, e di conseguenza ci si impegna a comperare o vendere certi titoli. Tutto questo è fatto da società che agiscono su mandato dei clienti, cioè di coloro che affidano i risparmi a un gestore, sperando che faccia sempre scommesse valide.

I fondi sono una specie di frullato di vari titoli - azioni, obbligazioni, mutui, assicurazioni - che un gestore mette insieme e poi giorno per giorno modifica e rimescola, comperando o vendendo, per guadagnare il massimo, proprio come in un frullato si mescolano tanti ingredienti.

Entrambi hanno una caratteristica: chi investe riceve in cambio un titolo, un pezzo di carta, che dà diritto soltanto sui beni reali della società di gestione – cioè di consulenti che possono non avere nessun bene reale proprio - non sui beni reali delle società i cui titoli compongono il fondo.

Questi consulenti debbono guadagnarsi sempre la fiducia dei risparmiatori mostrando di essere molto bravi nelle loro scommesse, migliori dei concorrenti, e di far guadagnare molti più soldi ai clienti di quanti ne guadagnerebbero comperando direttamente i titoli dell’economia reale.  Lo fanno tramite grafici e statistiche che mostrano quanto sono stati bravi in passato, in confronto ad altri. Vendono la propria abilità di giocatori in Borsa.

Un mercato di soli numeri: una roulette? (minuto 11:58)

È il mercato a stabilire il valore dei prodotti finanziari. Si tratta di un mercato poco regolato, che si presta a truffe e speculazioni, causando danni ricorrenti. Come regolarlo? Molti ritengono che non vada regolato, perché i mercati si regolano da soli, in base alle decisioni di milioni di persone. Questo è vero per i beni e i servizi che servono per vivere: qualunque persona sa decidere quanto è disposta a pagare per averli. Ma nel mercato finanziario i risparmiatori non comprano e non vendono nessun bene e nessun servizio: comprano una speranza di guadagno, rischiando.  E i mercati della speranza vanno regolati, per non prestarsi a troppe truffe. I farmaci, che offrono speranza di salute, debbono venire provati e approvati prima di essere venduti ai malati come farmaci ufficiali. Persino i giochi d’azzardo, che offrono soltanto una remota speranza di guadagno, sono regolati in modo da non permettere al banco di vincere sempre

Il mercato finanziario ha un’altra caratteristica: finché c’è speranza di guadagno, tutti vogliono comperare e il prezzo aumenta senza limite. Quando appare un segnale che delude le speranze, tutti temono di perdere, cercano di vendere, e il prezzo crolla senza fine - distruggendo anche le realtà economiche sane. I mercati della speranza sono anche i mercati della paura. I mercati finanziari non regolati o mal regolati passano da un eccesso all’altro in brevissimo tempo.

Il mercato finanziario si alimenta di capitali in cerca di guadagno, di buona pubblicità, di buona immagine, di fiducia ostentata dalle schiere di consulenti e professionisti che operano nel settore ricavandone grandi guadagni. I manager e i consulenti che operano sul mercato finanziario guadagnano anche quando il mercato cala e i clienti perdono i loro risparmi. Non sono imprenditori che rischiano il proprio denaro: rischiano i risparmi degli altri. 

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