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A settembre Moshe Ya’alon è stato il primo Ministro della Difesa israeliano a recarsi in uno stato musulmano del Caucaso, ma già in passato il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman e l’ex presidente Shimon Peres sono stati in Azerbaigian e dignitari azeri si sono recati in Israele. L’intensificarsi dei rapporti tra i due paesi è spesso attribuito al comune interesse a difendersi dalle manovre dell’Iran, ma molti ritengono che l’amicizia tra Israele e Azerbaigian abbia ragioni più profonde.
Per l’Azerbaigian − data la sua posizione geografica e i suoi vicini − Israele rappresenta un potenziale alleato strategico. Per Israele i rapporti con l’Azerbaigian sono importanti anche perché in Iran vivono decine di milioni di Azeri. Per il governo di Baku i rapporti con Israele e con il mondo ebraico sono anche un mezzo per riavvicinarsi agli Stati Uniti. Ovviamente da parte azera si tende a sostenere che i rapporti bilaterali con Israele non hanno niente a che vedere con paesi terzi, soprattutto nulla a che vedere con l’Iran, paese con il quale Baku intrattiene stretti rapporti, ma di cui teme l’egemonia.
A fare da ponte tra Israele e Azerbaigian è la comunità ebraica azera, che conta dalle 15000 alle 30000 persone, molte delle quali tra gli anni ’70 e i primi anni ’90 emigrarono in Israele.
Tra i due paesi esistono anche solidi rapporti economici, specie nel campo della tecnologia, della difesa e dell’energia, e non si tratta di rapporti inusitati. Se oggi il 40% del petrolio importato da Israele arriva dall’Azerbaigian attraverso l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, negli ultimi 25 anni del XIX secolo furono gli investimenti della famiglia Rothshild, insieme all’inventiva di Nobel, a permettere la costruzione della ferrovia e dell’oleodotto da Baku a Batumi, che diede al petrolio azero accesso al mercato globale attraverso il Mar Nero.
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