Mentre tutti gli occhi sono puntati sul prezzo del petrolio, anche quello del gas naturale liquefatto (GNL) è sceso in modo drammatico, specie in Asia Orientale, il principale mercato del GNL. I contratti a lungo termine sono indicizzati quasi esclusivamente al prezzo del petrolio, di conseguenza il crollo del costo del petrolio porta alla riduzione anche del prezzo del gas. Ma non sempre è vero il contrario. Il rapido sviluppo dello shale gas nell’America del Nord ha contribuito a mantenere molto bassi i prezzi del gas naturale sul mercato, e anche in Europa si tende ormai a stipulare contratti a lungo termine per il gas non più ancorati al prezzo del petrolio.
In Asia sta aumentando l’offerta di GNL, ma la richiesta di energia non cresce di pari passo. Il 5 gennaio è entrato in funzione il primo dei sette terminal australiani che verranno attivati entro il 2017 e che faranno dell’Australia il maggior esportatore mondiale di GNL, scalzando il primato del Qatar.
La scorsa estate la Cina ha firmato con la Russia un accordo da 36 miliardi di metri cubi annui a 9.90 dollari per milione di BTU (British Therman Units), e un secondo accordo per 30 miliardi di metri cubi a novembre. Se dunque il fabbisogno cinese di gas è soddisfatto da Paesi dell’Asia Centrale e dalla Russia, con l’enorme quantità di GNL in aggiunta dall’Australia il mercato dell’Estremo Oriente risulta saturo. L’Australia potrebbe trovarsi in difficoltà: gli impianti per il GNL sono molto costosi, hanno richiesto grandi investimenti, spesso superiori alle previsioni. Ulteriori progetti sono sospesi in attesa di tempi migliori.
Negli Stati Uniti sono pronti dozzine di progetti per il GNL, molti dei quali irrealistici, che mirano a esportare il gas verso mercati più redditizi in altre parti del mondo. Anche questi progetti sono sospesi. Lo stesso avviene in Canada, altro paese che ha vissuto un boom nella produzione di gas naturale. I costi di produzione e di trasporto oceanico del GNL prodotto in Nord America sono stati calcolati in circa 10 dollari per milione di BTU, pari o superiori all’attuale prezzo di vendita sul mercato asiatico.
Mozambico e Tanzania hanno grandi potenzialità di produzione di GNL. Ma i due paesi africani hanno una domanda interna molto limitata e contano sui mercati stranieri per convincere società petrolifere internazionali − in particolare l’italiana ENI e l’americana Anadarko, che stanno esplorando i giacimenti – a investire dai 20 ai 30 miliardi di dollari. Il loro gas naturale si trova a grande profondità in aree offshore e con scarse infrastrutture. Il mercato mondiale non offre buone prospettive per questi progetti, perciò è probabile che i paesi africani che speravano di veder decollare le proprie economie grazie al gas dovranno aspettare momenti migliori, che potrebbero tardare ancora a lungo.
Soltanto dieci anni fa il mondo si preoccupava della scarsità di energia, dedicava grandi investimenti alla ricerca di fonti rinnovabili, considerando in fase di esaurimento le fonti fossili. Oggi c’è un eccesso di energia fossile a disposizione, che rende anti-economico, probabilmente per decenni, persino investire nello sfruttamento di giacimenti già individuati.
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