Je suis Charlie
ma loro chi sono?

10/01/2015

Chi riesce a mettersi nei panni dell’uomo che poco prima di Natale è entrato in un ufficio a Tolosa e ha tagliato la gola a un poliziotto al grido di ‘Allah Akbar’? O di quello che il giorno dopo a Digione ha travolto con l’auto 11 persone, sempre in onore di Allah? O dei tre uomini che dal 7 al 9 gennaio hanno seminato morte a Parigi? Se non capiamo chi sono, non sappiamo come difenderci, come disinnescare il pericolo. 

Sono islamisti, questo è chiaro, cioè convinti che l’islam debba conformare non soltanto la vita privata dei credenti, ma anche tutta la vita politica e sociale dell’umanità. Il loro islamismo è totalitarista: nessun aspetto della vita di nessuna persona ha diritto di svolgersi al di fuori delle regole dell’islam. La loro interpretazione dell’islam è semplicistica: banalmente letterale, superficiale, parziale.

Ma perché persone cresciute tra noi, in contatto con le culture del mondo grazie all’educazione e ai mezzi di comunicazione, sono barbari e feroci? Come diventano così le persone? Gli studi fatti sui nazisti, sulla loro formazione e sulle loro reazioni, ci aiuta a capirlo, perché la psicologia delle persone e la gamma delle reazioni umane alla paura e alla perdita di identità non variano con la latitudine né col passare tempo, ma soltanto con l’educazione emotiva, intellettuale e politica. Invitiamo pertanto a vedere sul sito la sezione ‘Nazismo’, ‘Millenarismo politico’ e ‘Da buoni cittadini ad assassini di massa’.

Il pericolo oggi viene dal mondo islamico, perché è in profonda crisi culturale e politica, è travagliato ovunque da guerre civili e dall’irosa consapevolezza di non riuscire ad affrontare con successo la modernità. La causa di tale situazione non è soltanto geopolitica, ma è da ricercarsi nella determinazione secolare dell’impero ottomano a impedire che le popolazioni si emancipassero attraverso la cultura o venissero influenzate dalla cultura europea. Fino al 1727 fu proibito stampare e diffondere libri in lingua araba o turca nell’Impero. Le minoranze religiose cristiane e gli Ebrei vi potevano stampare i loro libri in altre lingue, ma non nelle lingue delle popolazioni locali, che non erano autorizzate a leggere libri stampati. In quanto al Corano, ne fu proibita la stampa fino al 1923: sino ad allora rimase leggibile – oltre che copiabile – quasi soltanto da parte degli ulema, dei teologi dell’islam.

Fino ai primi decenni del 1900 le popolazioni del mondo arabo vissero perciò in sistemi politici, culturali, sociali ed economici quasi immutati rispetto al tardo medio Evo. Dopo il crollo dell’Impero, dovettero aprirsi al confronto con l’Occidente, ricavandone notevoli vantaggi in campo tecnologico ed economico, ma sentendosi spesso umiliati da insuccessi interni ed esterni. Nacque così una reazione che cercò non le cause, ma le colpe dei propri insuccessi nella malvagità altrui e nell’abbandono della legge islamica, vista come salvifica.

Allo stesso modo i nazisti dopo la prima guerra mondiale attribuirono la colpa della sconfitta e delle difficoltà non a se stessi ma a un tradimento, alla presunta malvagità degli Ebrei, oltre che alla presunta inferiorità morale ‘naturale’ di tutti coloro che non avevano puro sangue germanico. Arrivarono così a giustificare l’assassinio di massa in nome del Bene e del progresso della civiltà, non vedendo più negli altri delle persone, ma l’incarnazioni del Male. Gott mit uns , ‘Dio è con noi’ era il motto dei nazisti, convinti di uccidere i portatori di Male, sotto la guida di un capo che consideravano inviato dalla Provvidenza, dunque infallibile.

Allora in Germania come oggi nel mondo islamico giovani disorientati, offesi e impauriti dai propri insuccessi vivono le difficoltà personali, familiari, sociali e politiche come ‘colpa’ di traditori e infedeli e dell’abbandono del rigore islamico, e cercano certezze, amicizia e fedeltà in gruppi guidati da un capo forte, che conosce la volontà di Allah. Per loro noi non siamo esseri umani come loro, siamo l’incarnazione del Male. Lottando contro il Male che vedono in noi, questi giovani credono di liberarsi del loro male personale, della loro sofferenza privata, per attingere la gloria dei giusti.

Follia? Sì, ma è una follia che spesso travolge grandi masse di persone nelle società in profonda crisi, se c’è grande scarsità di leader autorevoli equilibrati e determinati ad evitare l’orrore - leader che nelle società in crisi ovviamente scarseggiano, altrimenti non sarebbero in crisi. Per sconfiggere l’attuale barbarie islamista occorrerebbero ampie e salde classi dirigenti islamiche determinate nel contenere e rintuzzare il pericolo, capaci di promuovere l’equilibrio e la sanità mentale nei propri giovani.

Possiamo attivare forze di polizia e servizi sociali - ma non baserà, se non c’è l’attivazione piena delle comunità islamiche d’Europa per impedire che i loro giovani si radicalizzino e diventino assassini. Noi li possiamo identificare, isolare e neutralizzare dopo che si sono rovinati, ma le comunità in cui vivono debbono impedire che si rovinino. I terroristi assassini di Parigi si sono radicalizzati nelle moschee in Europa, prima di essere coinvolti da al Qaeda. È vero che i giovani radicalizzati e potenzialmente terroristi sono soltanto una minuscola percentuale delle comunità islamiche. Ma se anche fossero soltanto uno su mille, costituirebbero già un piccolo esercito in Europa. Non ci possiamo permettere che cresca.

C’è chi ritiene che la richiesta alle comunità islamiche di attivarsi sia discriminatoria e ingiusta. Se un Ebreo o un cristiano uccidono, a nessuno viene in mente di chiedere agli altri Ebrei o agli altri Cristiani di dissociarsi e di attivarsi per prevenire altre uccisioni. È vero. Ma gli islamisti uccidono in nome dell’Islam, e non sono casi isolati e sporadici: sono un movimento con un’ideologia diffusa nel mondo, che vogliono imporre a tutti gli islamici. Sono organizzazioni dotate di armi da guerra. Sono gli islamisti a chiamare in causa le comunità islamiche, quando si presentano come assassini in nome di Allah. Speriamo che le Comunità sappiano rispondere. 

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.